A ideale prosecuzione del corso a Vicenza di Primopiano sulle fake news ( “Fact checking, tool pratici e deontologia contro le fake news”) organizzato da VicenzaPiù, per celebrare in modo concreto i suoi primi 13 anni di vita (il n. 1 uscì il 25 febbraio 2006) e a completamento dei tredici anni di attività delle varie testate del network multimediale vicentino, il secondo per lettori dell’area, l’11 marzo alla sala convegni di Apindustria Vicenza (Galleria Crispi 45) dalle 17.30 si svolgerà una tavola rotonda sul tema “Libertà di stampa. La prima delle fake news, Il caso banche, tra blandizie e intimidazioni”.
«Un paio di anni fa – ci dice ad esempio l’avv. Marco Ellero, uno dei relatori del convegno dell’11 marzpo – su Vicenzapiu.com Coviello in una inchiesta sui centri di formazione diede conto della esistenza di un lungo esposto indirizzato ai vertici della Regione Veneto e poi alla Procura della Repubblica di Venezia nel quale si denunciavano alcune condotte molto dubbie nella gestione dei fondi per la formazione.
In quello stesso contesto Coviello parlò della vicinanza della famiglia bassanese Jannacopulos ad uno dei destinatari di quei fondi, ovvero la Irigem. Sia alcuni funzionari della Regione, sia la Regione stessa, sia la famiglia Jannacopulos, hanno fatto causa in sede civile a Coviello e al quotidiano da lui diretto per una cifra spropositata. Si parla di centinaia di migliaia di euro. Per quell’inchiesta giornalistica è partito in parallelo anche un procedimento penale con l’ipotesi della diffamazione.
Ovviamente noi siamo di parere avverso rispetto a queste critiche visto che il direttore altro non ha fatto che dare conto di alcuni passaggi di un esposto il quale tra l’altro ha generato un fascicolo penale alla procura di Venezia la quale ora dovrà appurare appunto se nella gestione di quei fondi ci sono stati illeciti o meno. Non so se rendo l’idea».
Una eventuale modifica della norma, di cui parlerà, con i commenti dei politici (Sergio Berlato e Alessandra Moretti) e dei legali presenti (avv. Sergio Calvetti e Marco Ellero), anche il senatore Elio Lannutti firmatario di una proposta di legge al riguardo, richiede un lungo discorso che si si inizierà ad approfondire lunedì 11 a Vicenza.
Ma già da ora invece, sono i giudici che dovrebbero cambiare atteggiamento.
«Anzitutto – dice Ellero, difensore di Coviello – quando gli attori del processo civile, ovvero i denuncianti per usare un termine più colloquiale, alla fine del processo soccombono, cioè vien dato loro torto dovrebbero essere bastonati, mi si passi l’espressione un po’ rustica, dai magistrati che dovrebbero colpirli appioppando agli attori stessi spese legali ai massimi tabellari. Ma in certi casi gli attori dovrebbero essere bastonati sul piano delle spese legali anche quando vincono.
Mi riferisco a quelle sentenze in cui il danno per diffamazione viene sì accertato, ma per cifre piccole. Se quel processo invece era stato intentato dall’attore con richieste esorbitanti, che sono quasi sempre intimidatorie, allora il giudice dovrebbe tenerne conto. E molto. Se una condotta del genere diventasse prassi allora certe storture verrebbero meno un po’ alla volta.
Perché diciamocelo francamente, la grande firma di una grande testata, il grosso quotidiano o la grossa tv nazionale godono di maggiore copertura. Hanno alle spalle assicurazioni, imprese editoriali strutturate: e soprattutto una influenza sulla opinione pubblica che tendenzialmente mette a riparo costoro da eventuali aberrazioni.
Per i piccoli invece è molto diverso. Una condanna a diecimila euro può mettere in ginocchio un giornalista o la sua testata per sempre. Con conseguenze devastanti per la libera informazione. Provi a pensare al caso Zonin. Prima che deflagrasse il caso solo le piccole testate indipendenti e qualche testata nazionale avevano preso di mira gli affari della banca. Il che tra l’altro molto dice sulla grande stampa regionale che se non sdraiata è spesso addormentata.
Bisognerebbe interrogarsi quindi, e molto, sul ruolo dell’Ordine dei giornalisti. Che se serve solo ad innescare le sanzioni del consiglio di disciplina o a difendere la categoria, esclusivamente, e sottolineo questo avverbio, quando si toccano i big delle grandi testate, allora non ha più senso che esista. A fronte di quanto accaduto a Coviello, o in altri casi analoghi, mi sarei aspettato prese di posizione molto più aggressive. Come mi sarei aspettato che la grande stampa, almeno quella regionale, parlasse adeguatamente di queste cose. Ed è un giudizio che vale tanto per i giornalisti quanto per gli editori».