dal corrispondente a Londra del Corriere della Sera Luigi Ippolito
È un precipitare della situazione che ha colto tutti di sorpresa, anche se gli interrogativi sulle sue reali condizioni di salute crescevano di ora in ora. Ieri mattina il premier ha fatto sentire ieri la sua voce, via Twitter, dall’ospedale: ma i suoi portavoce non erano riusciti riescono a fugare i dubbi e le preoccupazioni sul suo stato reale.
«La scorsa notte, su consiglio del mio dottore — aveva fatto sapere lo stesso Boris – ono andato in ospedale per alcuni esami di routine, poiché ho ancora i sintomi del coronavirus. Sono di buon umore e resto in contatto col mio team».
Downing Street insisteva a dire che non si trattava di un ricovero di emergenza, ma intanto Boris si accingeva a trascorrere una seconda notte in ospedale. I portavoce del governo avevano bollato come «disinformazione» le voci rimbalzate dalla Russia, secondo cui Johnson sarebbe attaccato a un ventilatore polmonare: ma non avevano escluso un rischio di polmonite e neppure hanno più definito i suoi sintomi come «lievi», bensì «persistenti», inclusi «febbre e tosse».
Gli esperti medici britannici ritengono che Boris in un primo momento sia stato probabilmente sottoposto a una radiografia al torace, se non a una Tac, per verificare lo stato dei suoi polmoni, mentre vengono monitorate le condizioni cardiache, il livello di ossigeno nel sangue e quello dei globuli bianchi, oltre che lo situazione degli altri organi vitali. Ma poi la situazione è precipitata.
I portavoce del governo assicuravano di essere «del tutto trasparenti» sulle condizioni del premier: un a finzione, con tutta probabilità. In mattinata un ministro aveva specificato che Boris restava nel pieno delle sue funzioni, anche dal letto di ospedale, dove continuava a ricevere documenti. Pure il ministro degli Esteri Dominic Raab, che è la seconda autorità nell’esecutivo e ieri mattina ha presieduto al posto di Johnson la riunione del comitato di emergenza sull’epidemia, aveva sottolineato che Boris «continua a guidare il governo»: ma aveva suscitato sconcerto quando aveva ammesso di non aver più parlato col premier da sabato scorso.
Sarebbe proprio Raab a subentrargli come primo ministro ad interim: ma girano le voci secondo cui le redini del Paese sarebbero state prese in mano ufficiosamente da Dominic Cummings, l’onnipotente super-consigliere di Johnson. Il mancato recupero di Boris, sofferente ormai da più di dieci giorni, viene spiegato col fatto che non si è concesso un minuto di riposo: e c’è chi dice che volesse emulare il suo idolo, Winston Churchill, che continuò a lavorare da Downing Street pur colpito da una polmonite.
Sul fronte del contagio del Paese, ieri è stata una giornata di speranza: i nuovi casi e i decessi sono scesi di un terzo rispetto ai giorni precedenti (il totale adesso è di 51.608 positivi e 5.373 morti). Ma il governo continua a dire che è troppo presto per poter parlare di ripartenza.