
Nel secondo incontro promosso da la Diocesi di Vicenza, studiosi e medici hanno illustrato con dati alla mano l’impatto della linea Tav Tac sulla salute, sul clima e sul paesaggio cittadino. Mentre i media locali lo hanno attaccato in occasione del primo incontro con i cittadini, mons. Brugnotto, arrivato in Diocesi a giochi fatti, dimostra di volerli ascoltare per restituire alla comunità il diritto di sapere e riflettere.
Se c’è un’accusa che, in questi giorni, risulta sempre più ingiustificata è quella rivolta al vescovo Giuliano Brugnotto in primis dal Giornale di Vicenza, che ha bollato il ciclo di incontri “TAV attraversa Vicenza” come un megafono del no a prescindere (leggi “Il confindustriale Giornale di Vicenza evoca i No Tav contro il Vescovo mons. Giuliano Brugnotto“).
La realtà è ben diversa, e lo dimostra con forza il secondo appuntamento tenutosi ieri al Centro Diocesano “A. Onisto”, dove dati scientifici, voci qualificate e riflessioni civiche si sono alternati con l’unico scopo dichiarato: riflettere sulle conseguenze ambientali e sanitarie del progetto della linea Tav Tac, non bloccarlo.
«Non siamo qui per fermare l’opera – ha ribadito mons. Brugnotto – ma per essere più consapevoli. Il nostro è un territorio ferito: pensiamo solo all’inquinamento dell’aria e dell’acqua. Vogliamo evitare che nuove opere peggiorino una situazione già compromessa».
Una linea, quella del vescovo, chiara e netta, ma che il quotidiano della Confindustria vicentina e le pagine del CorVeneto allegate al Corriere della Sera hanno preferito travisare, forse infastiditi dal fatto che si dia voce ai cittadini, ai medici, agli scienziati, ai comitati e non solo a “interessi” non difficilmente individuabili.
A parlare ieri sono stati volti noti e stimati come Monica Saugo del Comitato Bosco Lanerossi, i medici ambientali Renato Giaretta e Angela Pasinato, Maria Grazia Pegoraro, presidente di Italia Nostra Vicenza, e il climatologo Luca Mercalli.
I dati portati sono inquietanti. Saugo ha ricordato che Vicenza ha un suolo cementificato per oltre il 32%, con una velocità di consumo di 2,3 metri quadri al secondo. La regione Veneto, nel 2023, è risultata prima in Italia per incremento del consumo di suolo. Un danno ambientale che non si ripara, ha spiegato poi Mercalli: «Il suolo perso è perso per sempre. E il consumo di suolo aumenta il rischio di eventi climatici estremi».
Ma la preoccupazione più forte è quella per la salute. Giaretta e Pasinato hanno parlato di polveri sottili cancerogene, aumento del rischio di cancro, ictus e infarti, peggioramento delle condizioni per bambini e anziani. «La Tav, in questo contesto, porterà un aumento giornaliero fino a 10 microgrammi di PM – ha denunciato Giaretta – in una delle città più inquinate d’Europa». La Pasinato ha poi sollevato una domanda pesante: da dove verranno presi i miliardi di litri d’acqua necessari all’opera, se falde e fiumi sono contaminati dai Pfas?
L’avv. Pegoraro ha infine riportato l’attenzione sugli aspetti paesaggistici e giuridici: «Vicenza è città Unesco. Verrà tagliata in due da barriere alte 9 metri. E un ricorso al TAR ha già annullato una parte del progetto per mancanza di VIA, la valutazione di impatto ambientale».
Le critiche mosse da chi difende a prescindere l’attuale tracciato ferroviario della Tav Tac – anche se nessun treno veramente ad alta velocità si fermerà mai a Vicenza – sembrano oggi più pretestuose che fondate. Il vescovo non si è sostituito né a ingegneri né a urbanisti, ma ha fatto ciò che ci si aspetta da una guida spirituale e civile: aprire un confronto, promuovere la conoscenza, difendere i più fragili.
Il terzo incontro sarà dedicato al dialogo con il Comune di Vicenza. Un’occasione per far parlare i dati con alcuni dei decisori politici. E magari, finalmente, ascoltare davvero.