Accordo Veneto-Friuli su lingue minoritarie, ma riconoscimento ‘lengua veneta’ resta una chimera

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veneta Anche il Leone di San Marco non ne può più dei soliti odori nauseabondi idrogeno solforato
Anche il Leone di San Marco non ne può più dei soliti odori nauseabondi idrogeno solforato

Lingue e dialetti, i riflettori restano puntati sulle minoranze linguistiche, ma la politica, nonostante la rinascita della Liga Veneta, sembra disinteressata al riconoscimento della ‘lengua’ veneta. Eppure, anche nell’ottica della richiesta dell’autonomia, come spiegava tempo fa a VicenzaPiù Pellizzari, ex capogruppo leghista a Vicenza e ora in Fratelli d’Italia, l’aspetto culturale dovrebbe essere importante, perché non può essere solo una questione di schei. E sappiamo bene che non esiste un popolo senza la propria lingua.

Le Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto hanno siglato un accordo per la tutela e lo sviluppo delle lingue minoritarie e delle reciproche varietà linguistiche, attraverso due delibere approvate dalle rispettive Giunte con cui le due Regioni hanno dato il via libera ad un “Accordo di collaborazione per la tutela e per lo sviluppo del patrimonio linguistico e culturale della componente friulanofona della Regione del Veneto e venetofona della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia”.

Presupposto dell’accordo è l’uso della lingua friulana anche in aree circoscritte dei comuni veneti di Concordia Sagittaria, Fossalta di Portogruaro, Gruaro e Portogruaro, ma anche – come riconosciuto nel 2006 dal Consiglio Provinciale di Venezia – nei comuni di San Michele al Tagliamento, Teglio Veneto e Cinto Caomaggiore. Allo stesso modo, in Friuli Venezia Giulia persiste l’uso di dialetti veneti (il triestino, il bisiaco, il gradese, il maranese, il muggesano, il liventino, il veneto dell’Istria e della Dalmazia, il veneto goriziano, pordenonese e udinese) che la Regione è impegnata a valorizzare in base alla legge regionale 5/2010.

Intanto però rimane arenato il riconoscimento della “lengua veneta”. Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 sono state raccolte circa 52 mila firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, trasformata poi in petizione. Le firme sono state consegnate al bellunese Federico D’Incà (M5S), ministro dei Rapporti con il Parlamento, che a febbraio 2020 aveva promesso che se ne sarebbe discusso a giugno. Nel mezzo c’è stata una pandemia ed è comprensibile che a Roma le priorità in questo momento siano altre. Ma a Venezia? Anche quando a Roma c’era la leghista vicentina Stefani alle riforme, non si è vista né l’autonomia, né il riconoscimento della lingua veneta. Ora, in vista delle prossime regionali, Zaia rispolvera la Liga Veneta, dopo aver ottenuto da Fratelli d’Italia e Forza Italia l’impegno sull’autonomia, mentre, contro Zaia, si candidano Simonetta Rubinato con ‘Veneto Vivo per le autonomie’ e Antonio Guadagnini con il ‘Partito dei Veneti’. Anche a sinistra, a sostegno dell’ex vicesindaco civico di Padova Lorenzoni, c’è un movimento autonomista, Sanca Veneta. Chissà se si continuerà a parlare solo di schei o se ci sarà spazio anche per la storia e la cultura della nostra regione, senza le quali le battaglie indipendentiste e autonomiste perdono veramente sapore e significato.

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