Ci sono ancora sei mesi, fino al 30 giugno 2018, per liquidare tutte le attività e società delle ex popolari venete non rilevate da Intesa SanPaolo. Esiste infatti, riferiscono fonti autorevoli, un secondo documento ufficiale della DgComp che dà più fiato ai liquidatori di BPVi e Veneto Banca. Un atto formale, validato anche da Bankitalia, che sposta di sei mesi la data perentoria contenuta nell’allegato `B” inserito tra gli atti del «contratto di cessione d’azienda» firmato all’alba del 26 giugno 2017, nello studio milanese dell’avvocato Carlo Pedersoli, dai liquidatori di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca per la cessione a Intesa delle parti buone al costo di 1 euro.Quell’allegato “B” dava sei mesi per vendere ciò che Intesa non aveva voluto il 26 giugno. E quel tempo è scaduto. Ma per Apulia Prontoprestito, Claris Leasing, Claris Factor, Apulia Previdenza, Immobiliare Italo Romena, Immobiliare Stampa, Prestinuova, Nem e Bpvi Multicredito c’è ancora la speranza di trovare un compratore com’è accaduto per Bim e Farbanca.
Dal 26 giugno ad oggi i liquidatori hanno prevalentemente gestito i crediti non performing in attesa del decreto per il loro trasferimento alla Sga. Decreto che dovrebbe arrivare a metà gennaio con il “trasloco” di 18 miliardi di Npl lordi dalle società in Lca (liquidazione coatta amministrativa) alla bad bank. Di questi 18 miliardi, 9 sono unlikely to pay, non ancora sofferenza ma neanche in bonis, e qui si giocherà la vera partita del recupero e anche la tenuta dell’economia del territorio. I liquidatori hanno finora gestito operazioni di estinzione mutui, cancellazioni di ipoteche e altre attività legate al deterioramento dei fidi. Necessità da soddisfare in via prioritaria per evitare reclami a Bankitalia. Un lavoro che ha rallentato le vendite delle società non rientrate nel perimetro di Intesa. D’altronde, il decreto per la Sga era atteso già per l’autunno ed è vero anche che le procedure di vendita non sono semplici né veloci: sono necessari avvisi pubblici e rispetto dei termini.
La vera novità di questi giorni, sul fronte dei liquidatori, è invece l’avvio delle azioni risarcitorie a lungo attese dopo il deposito delle azioni di responsabilità operate dai vecchi cda eletti dal Fondo Atlante contro la mala gestio dei precedenti manager e amministratori. Oltre 4 miliardi di danni spiegati, voce per voce, in enormi fascicoli depositati al Tribunale delle imprese di Venezia. Per tutelare il credito, i liquidatori hanno avviato azioni revocatorie, sequestri conservativi e blocco dei beni nei confronti dei patrimoni aggredibili, ovvero non bloccati dal giudice penale come è successo a quello dell’ex ad di Veneto Banca Vincenzo Consoli. Vero è che i patrimoni devono essere capienti e non svuotati. L’idea è di recuperare il più possibile con richieste di danno inferiori a quanto avanzarono i vecchi cda, ovvero 2 miliardi a Zonin e altri 32 “ex” Bpvi e 2,3 miliardi a Consoli & Co. Somme “monstre” che potrebbero portare a un’enorme batosta fiscale visto che le imposte si pagano sulla domanda di danno e non sul risarcito. Un salasso che i risparmiatori, qualora vedessero questi soldi indietro, non possono permettersi.
di Eleonora Vallin, da Il Mattino di Padova