Ormai non si contano più le volte in cui i sondaggi non ci hanno azzeccato. Certo, ha vinto Biden, salvo Corti varie non decidano altrimenti, ma con modalità e con un margine che poche coronarie negli USA, e non solo, sono stati capaci di sopportare. A questo punto la frase di rito sarebbe: si deve fare un approfondito ragionamento sulla utilità delle previsioni delle intenzioni di voto. Ma sarebbe del tutto inutile.
Ormai la politica è diventata del tutto incapace di interpretare da vicino gli orientamenti degli elettori e per di più è devastata dal bisogno di sapere quanto è sulla cresta dell’onda o meno just in time.
Anche i media partecipano a questo gioco e anche in maniera poco pulita. Fateci caso. Bruciati dalle figuracce i sondaggisti ti spiegano, exit poll alla mano, che c’è sempre una forbice (alias margine di errore) almeno dello 0,3%.
Quando, settimanalmente, i mezzi di informazioni pubblicano i presunti orientamenti di voto del momento, se un partito aumenta o diminuisce i voti dello 0,3 è un trionfo o una Caporetto e il margine di errore è scomparso.
Un tempo, aspettare i risultati elettorali con il batticuore, per poi gioire o disperarsi, rientrava nel ciclo naturale della vita. I sondaggi ci portano via anche le emozioni che rendono la vita comunque una bella emozione.