(Fonte PrimaOnline). Le sparate di Marco Travaglio contro Mario Draghi (“figlio di papà” e “non capisce un cazzo”) all’evento di Articolo Uno hanno scatenato l’informazione italiana schierata, con piccole defezioni (Il Dubbio, Il Riformista, e il sito TPI, ) nel difendere il presidente del Consiglio e a stigmatizzare la volgarità e anche la mancanza di informazioni del direttore del Fatto Quotidiano. Finalmente Travaglio l’ha fatta grossa e, insultando in modo gratuito Draghi, ha dato l’occasione a un attacco di massa di tutti i giornalisti di destra e sinistra, da sempre cauti nel gestire i rapporti con il grande capo del Fatto Quotidiano noto per non risparmiare nessuno con attacchi e vendette quando viene toccato.
Lo scandalo ha ridato fiato anche a chi da tempo si chiede come mai Lilly Gruber continui a dare così tanta visibilità a Travaglio che a Otto e mezzo interviene come un’entità suprema collegato da una postazione di lavoro brandizzata Fatto Quotidiano. La risposta è facile Travaglio “tira” come si dice in linguaggio giornalistico, fa audience grazie ai simpatizzanti che condividono le sue idee, non solo i Cinquestelle, ma anche tra chi lo detesta che trova occasioni su cui polemizzare. E Travaglio sa fare perfettamente a questo gioco. Cosi come non c’è stato nulla di casuale nell’attacco contro Draghi in un momento di accesa polemica dei Cinquestelle contro la Riforma della Giustizia Cartabia per cui sono arrivati a minacciare la crisi di governo, una manovra per rilanciare e unificare il movimento sotto le bandiere di Giuseppe Conte, di cui Travaglio è un importante consigliere dai tempi in cui era presidente del Consiglio e che non a caso continua a lodare e a rimpiangere.