Il 2022 dell’LR Vicenza e del calcio vicentino rimarrà negli annali come annus horribilis. Peggio del 1975, che è stato quello in cui è finito il ventennio della Nobile Provinciale, peggio del 1979, l’anno della retrocessione in B del Real Vicenza, peggio del 2018 che ha visto il fallimento del Vicenza Calcio e la morte della società sportiva cittadina nata 116 anni prima.
Il 2022 sarà ricordato in negativo per la indecorosa retrocessione in C dell’LR Vicenza e per il conseguente stop ai sogni di gloria che avevano illuso la tifoseria (sempre troppo fiduciosa) di un rapido ritorno in Serie A della squadra del cuore. E, invece, si è dovuto riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio.
Oltre alla ricaduta nel terzo livello del calcio nazionale, l’altro boccone amaro del 2022 è stata la modalità del passo indietro: una somma di mala gestio, di errori, di incongruenze che sembrava paradossalmente preordinata per come si sviluppava.
Nella seconda metà dell’anno la ripartenza non è stata così brillante perché, non ostante un calciomercato di spessore, un allenatore sbagliato e alcune lacune lasciate nella rosa hanno compromesso il cammino della squadra sprofondandola, alla 12.ma giornata, ai limiti della zona play off. È stato necessario un duplice cambio in corsa (allenatore e amministratore delegato) per riportare l’LR Vicenza nelle posizioni di testa e per riaprire la possibilità di competere per la promozione diretta.
L’impegnativa rincorsa ha comportato un notevole sforzo atletico e mentale, che ha lasciato qualche sedimento in termini di infortuni e di sanzioni disciplinari da cui, per altro, la squadra non ha dato l’impressione di essere penalizzata infilando una serie positiva di otto risultati utili consecutivi (sei vittorie e due pareggi).
Il 2023 sarà decisivo per il futuro del calcio cittadino perché una promozione potrebbe riavviare un ciclo virtuoso con gli obbiettivi di riposizionare stabilmente la squadra in Serie B e di dotare la società di organizzazione, strutture e stadio tali da consentire almeno una puntata in A. Una mancata risalita, invece, potrebbe destabilizzare il contesto e aprire prospettive pericolose.
Il declino del calcio veneto nel 2022
La retrocessione dell’LR Vicenza nel 2022 si inserisce in un contesto generale di declino del calcio professionistico regionale. Nessuna squadra veneta è stata promossa nei tre campionati Pro e, invece, in Serie A c’è stato il passo indietro del Venezia, che ha lasciato l’Hellas Verona unica portacolori veneta nella massima serie e, in C all’addio del Legnago si è aggiunta la sconfitta del Padova nelle finali dei play off. La risalita dalla D dell’Arzignano è stata l’unica nota positiva.
Sono, oggi, appena sette le società professionistiche della regione, e più della metà (quattro) sono nel terzo livello. È una rappresentanza davvero incongrua al livello economico e sociale di una regione che è fra le più ricche del paese e, purtroppo, nemmeno le prospettive sono promettenti visto che l’Hellas è ultimo in A, il Cittadella e il Venezia stazionano in zona rossa in B, come la Virtus Verona in C.
Alla mancanza di successi delle squadre venete si accompagnano altri dati negativi: stadi vecchi, calo degli spettatori, investimenti modesti, progettualità a raggio corto penalizzano la crescita dello sport professionistico in regione. Rimane vivace solo il campanilismo interno, gli antagonismi Verona-Vicenza e Vicenza-Padova sono ancora all’ordine del giorno come nel dopoguerra, ma, nei fatti, l’unica società che ha strutture e pubblico da Serie A è l’Hellas Verona. LR Vicenza, Venezia e Padova hanno un pubblico numericamente basso e, le prime due, anche stadi non in regola con i requisiti della serie maggiore oltre che inadeguati nelle strutture e nei servizi.
La crescita del calcio professionistico veneto è legata alle proprietà e al volume di investimenti. È ormai chiaro che per arrivare nel calcio che conta e restarci serve un sacco di soldi ma, per ora, non si vede in Veneto chi abbia voglia di metterli.