Quello che colpisce, guardando la classifica della Serie B primaa ancora che quella del Lr Vicenza, è il dodicesimo posto in cui sono relegate Parma e Monza. Le due, già promosse o quasi nei pronostici precampionato, dopo sette turni vivacchiano a metà graduatoria penalizzate da due sconfitte a testa e con dati di rendimento non certo da primato (qui tutte quanto pubblicato su Biancorosso di ViPiu.it inclusi gli articoli di Gianni Poggi, ndr). Com’è possibile che non siano in testa squadre con rose il cui valore di mercato è di gran lunga superiore a quelli di tutte le concorrenti? Secondo il sito Transfermarkt, quella del Parma vale 78,5 milioni e quella del Monza 50.
Tutte e due, intanto, hanno cambiato allenatore e bisogna dare per scontato che ci sia una fase di rodaggio da affrontare prima di andare a regime. Per entrambe, poi, c’è stato un calciomercato che ha inciso molto sulla composizione delle rose ed è normale che ci voglia un po’ di tempo per ricreare il gruppo e gli equilibri e per affinare reciproca conoscenza e intese fra i giocatori. Conta, infine, anche l’aspetto psicologico: il Parma è stato retrocesso dopo quattro campionati consecutivi in Serie A, il Monza proviene da una mancata promozione che è stata peggio di una retrocessione e, soprattutto, dal fallimento di un progetto tecnico sovradimensionato per la categoria. Tutte e due le squadre devono, quindi, ricostruirsi un’identità, dimenticando al più presto di essere state espressione di realtà perdenti per assumere il ruolo di protagoniste del campionato.
Risaliranno senz’altro, con il procedere della stagione, ne hanno i mezzi tecnici e finanziari. Non rientra certo nei piani delle rispettive proprietà (la Fininvest per la società brianzola e l’americano Krause Group per quella emiliana) la permanenza nel secondo livello del calcio italiano, che non dà redditività agli investimenti e non riesce a generare i ricavi necessari per chiudere i bilanci in attivo.
Anche il Pisa capolista ha un proprietario straniero: il businessman russo-americano Alexander Knaster, che ha acquistato nello scorso gennaio il 75%. Si sta facendo strada anche in Serie B un nuovo profilo di società, caratterizzato da proprietà straniera polarizzata all’investimento nel mercato dello spettacolo calcistico italiano. Questo presenta ancora costi di acquisto dei club meno pesanti di quelli di altri paesi europei e, evidentemente, dagli analisti economici è stimato in grado di sviluppare ricavi sia interni che esteri pari a quelli, ad esempio, di Inghilterra e Spagna.
Stanno cambiando rapidamente gli scenari anche in Italia e servirà uno grande sforzo delle tifoserie per adeguarsi al nuovo modello di sviluppo. Sarà una rivoluzione copernicana: addio ai presidenti-tifosi, ai giocatori-bandiera, alle società espressione del territorio. Impossibile coniugare l’aspetto del calcio romantico e un po’ retro che tanto amano le nostre piazze con l’impronta del business data dalle nuove proprietà.
Anche a Vicenza bisognerà rassegnarsi all’evidenza che, dove ci sono soldi, ci saranno campioni, spettacolo, stadi moderni e settori giovanili fiorenti. Il piccolo non funziona più, salvo situazioni particolari per altro sempre meno possibili e probabili. Le gestioni sono in mano ai manager, gli specialisti dell’area sportiva contano quanto quelli dell’area finanziaria e gestionale. Scordiamoci i presidenti che spendono per accontentare la piazza, oggi la proprietà pensa prima ai ricavi e ai risultati.
Il pubblico, in questa ottica anche quello del Lr Vicenza, è prima di tutto una area di consumatori, di fruitori dello spettacolo calcistico che acquistano biglietti e abbonamenti, partite in tv, merchandising. Dovranno vivere il loro stadio non solo in occasione delle venti partite stagionali che ci vanno in scena ma anche in cento altre occasioni che gli impianti, nuovi o rimodernati, metteranno a loro disposizione. Si stima che un utilizzo integrato di uno stadio possa accrescere di un quarto i ricavi di una società.
Non è un caso, insomma, se il Pisa è in testa alla classifica, se il valore del Parma è il più alto del campionato. I proprietari hanno a disposizione mezzi illimitati e comunque ben superiori a quelli dei loro colleghi vecchio stampo. I piccoli e medi imprenditori italiani non possono competere con fondi d’investimento e gruppi finanziari stranieri e i nostri club in mano a proprietari tradizionali sono destinati al ridimensionamento, alle posizioni subalterne. La storia, il blasone, le vittorie resteranno senz’altro nello scenario ma peseranno sempre meno nella realtà calcistica, soprattutto nell’immagine delle piccole società. Una cosa sono i top club che hanno in bacheca scudetti e coppe, ben altro quelle che una volta si chiamavano “provinciali” e che magari sono fuori dalla Serie A da decenni e hanno stadi magari gloriosi ma antidiluviani.
In questo contesto, il Vicenza deve stare ben attento a preparare il proprio futuro. Siamo alle soglie di un cambiamento pesante nelle gerarchie del calcio che porterà in primo piano società che si sono strutturate adeguatamente e per tempo. L’analisi dello scenario vicentino inquadra un club con una proprietà solida ma che non ha finora fatto investimenti pari a quelli di altre società che sbandierano gli stessi obbiettivi; evidenzia uno stadio al limite minimo della sufficienza e di cui non si conosce il futuro; conferma la esistenza di un pubblico appassionato e fedele ma che sta cominciando a mostrare limiti nel ricambio generazionale, nella presa sul territorio, nel numero delle presenze allo stadio. Se non ci si muove subito, Vicenza rischia di restare una piazza di retrovia.