A Reggio Emilia il Vicenza è incappato in una pessima prestazione, forse peggiore di quella contro l’Entella. La sconfitta (2-1) ha rilanciato una concorrente per la salvezza e, dopo solo tre settimane dal successo sul Brescia, ha fatto ricadere la squadra negli interrogativi di sempre.
I conti si fanno alla fine. È un detto tradizionale del calcio. Nulla vieta, però, di farli anche prima, soprattutto quando tirare anticipatamente qualche somma può essere utile per capire qualcosa di più e rimediare agli errori.
Il Lanerossi è arrivato al giro di boa di metà campionato e diciannove partite alle spalle sono un valido test per delineare un identikit e trarre qualche conclusione, sia pur parziale.
Partiamo dalla posizione in classifica: 12° posto alla pari con il Brescia (che deve giocare in posticipo e quindi potrebbe staccare i biancorossi). Prima conclusione: il distacco dalla zona play out è di soli tre punti e quello dalla zona rossa è di quattro. Seconda conclusione: siamo ben lontani dagli obbiettivi dichiarati della società a inizio campionato, che erano la famosa “parte sinistra della classifica” (e cioè il piazzamento entro il 10° posto, che al momento è lontano sette punti, ma il Frosinone – che lo occupa – deve recuperare una gara) e il ruolo di “ammazzagrandi” (che, nell’Andata, non è stato centrato visto che il Lane ha perso con SPAL, Cittadella e Lecce e pareggiato con Salernitana, Empoli, Monza e Chievo).
Un altro dato importante che ci forniscono le statistiche sono i punti immagazzinati, che sono 21. La media è di poco più di uno a partita e precisamente 1,10. La proiezione sulle 38 gare è quota 42. La media punti per la salvezza diretta in Serie B (con tre punti a vittoria) è 1,17 e quella per accedere ai play out è 1,15. Nei due campionati più recenti la prima è stata un po’ più alta (1,20), la seconda un po’ più bassa (1,12). Il riferimento ha un valore ovviamente relativo perché ogni campionato fa storia a sé, ma è indiscutibile che il Vicenza è sotto media in entrambi i profili. Per salvarsi direttamente gli mancherebbero circa 4 punti e mezzo, per arrivare ai play out oltre 1 e mezzo.
Un aspetto di cui tener conto è poi quello del rendimento. Nelle ultime sei partite il Lane ha ottenuto appena 5 punti (vittoria a Brescia e pari con Frosinone e Chievo). E le tre sconfitte del periodo non sono mica poche. Allargando l’analisi a tutta l’Andata, i successi sono stati 4 in tutto (solo Cosenza e Ascoli hanno fatto peggio), i pareggi 9 e le sconfitte 6.
La squadra di Di Carlo ha fatto meglio nelle prime 13 partite (16 punti) mentre è calata vistosamente in quelle giocate nell’ultimo mese. In cui è peggiorata nei gol fatti (6, di cui 3 a Brescia) mentre in quelli al passivo (sempre 6) è andata meglio: la media è di un gol incassato a fronte di 1,7 nei precedenti 13. Non è servito però ai fini del risultato.
Da tutti questi dati vien fuori un profilo certo non catastrofico ma nemmeno rassicurante. Ci si aspettava senz’altro qualcosa di più, una competitività maggiore, una crescita che – come abbiamo visto – invece non c’è stata.
Anche la qualità del gioco non soddisfa. Il progetto tattico prevedeva all’inizio una squadra votata preferenzialmente alla costruzione sulle fasce e, infatti, il calciomercato estivo era stato improntato a rinforzare la rosa con giocatori di ruolo esterni offensivi. Questo schema era ciò che, in effetti, si era visto in campo, grazie anche all’ottimo inizio di campionato di Dalmonte.
L’alternativa offensiva erano le ripartenze centrali, innescate dai due mediani, chiamati anche a lavorare da mezzali: impegno pesantissimo perché sulle spalle dei pochi centrocampisti a disposizione, a cui era per di più venuto a mancare per un infortunio da lungodegenza Pontisso.
Entrambe le opzioni tattiche a un certo punto sono saltate: gli esterni sono finiti pressochè tutti in infermeria e i centrali hanno cominciato a non reggere più il confronto con reparti avversari spesso più tecnici e soprattutto in sovrannumero.
A un certo punto (forse troppo tardi) Di Carlo si è convinto che il modulo 4-4-2 non funzionava più. Il centrocampo, penalizzato anche dal limitato turn over disponibile, non riusciva a supportare le due fasi; la difesa non era abbastanza protetta e non riusciva ad assicurare con i terzini il contributo offensivo; l’attacco comunque era ben poco produttivo pur essendoci ben sei opzioni disponibili.
Nella famosa, e per ora non ripetuta, partita di Brescia ci fu la conversione al 4-3-1-2 (in realtà un 4-3-2+1, cioè Giacomelli a tutto campo), che sembrò risolvere ogni problema e infatti portò a una clamorosa vittoria per 3-0. La nuova chiave tattica era l’allargamento degli attaccanti per favorire l’inserimento delle mezzali: Da Riva interpretò alla grande la nuova linea segnando una doppietta.
Si è rivelato però solo un episodio felice. Nelle successive tre partite il Vicenza non è riuscito a ripetersi ed è tornato a evidenziare i difetti del passato: sterilità in area, calo nel secondo tempo, gol subiti su palla inattiva, in generale difficoltà a esprimere un gioco personale ed efficace.
Come venirne fuori? Non si possono pretendere i miracoli dall’allenatore, che ha forse una rosa che non è tutta all’altezza del campionato per qualità e, ammettiamolo, pure per età. Anche Di Carlo però dovrebbe cominciare a prendere una linea decisa sul piano tattico, ora che stanno tornando a disposizione tutti i giocatori. La squadra non ha più un gioco e fa una fatica tremenda ad arrivare al tiro. È solo colpa degli attaccanti o, magari, non è che proprio i rifornimenti per loro siano così continui e puntuali? In difesa, infine, c’è più di qualcosa da registrare e forse almeno un terzino non si sta dimostrando all’altezza.
Aiuti dalla società non sembra ne arriveranno altri e quindi tutto è sulle spalle di Mimmo.