Qualche lettore, che ringrazio per la fiducia e per la stima, mi chiede di rispondere ad alcune domande ricorrenti fra gli appassionati dell’Lr Vicenza (qui la rubrica “Poggi risponde ai lettori“, ndr). Il signor P.M. mi scrive: “Caro Poggi, secondo lei la società dovrebbe fare il mercato di gennaio per rinforzare la squadra e puntare alla salvezza oppure sarebbe meglio fare già acquisti per la Lega Pro?”.
È un quesito che ho letto spesso nei social e i sostenitori delle due opzioni si equivalgono. Io credo che sarebbe sbagliato non tentare di correggere, nella finestra di gennaio, gli errori fatti nella scorsa estate. Razionalmente e basandomi sui dati statistici, oggi come oggi non mi sento ottimista sulle possibilità di salvezza del Lane ma, in tanti anni di calcio, ho visto realizzarsi imprese impossibili e, quindi, direi di provarci fino all’ultimo.
È ormai evidente che, con questa rosa, un cambio di marcia dell’Lr Vicenza è difficile se non improbabile. Ormai le lacune individuali e di reparto sono evidenti ed è illusorio aspettarsi, a metà campionato, l’improvvisa esplosione di quei giocatori che avrebbero dovuto assicurare il salto di qualità alla squadra. Mi riferisco a Proia, prima di tutto, e poi anche a Diaw e a Taugourdeau, che hanno finora deluso. Ben di più si pensava che avrebbero dato anche Calderoni, Crecco e Brosco, chiamati a innervare, grazie alla loro esperienza in categoria, una difesa non sempre all’altezza l’anno scorso.
Per altri (Rigoni, Meggiorini, Lanzafame) ci si è dimenticati di guardare la carta d’identità o forse si è fatta una scommessa sulla loro longevità. È vero, ci sono anche note positive, come Ranocchia e Grandi, ma non bastano a compensare. Da questa analisi consegue che fra tre settimane dovrà necessariamente arrivare più di un giocatore di qualità e esperienza, pronto a scendere in campo e con una forte motivazione. E qui c’è il problema. Come si fa ad acquistare gente di valore e motivata facendogli un contratto di sei mesi? Perché è scontato che mica si può fare un pluriennale quando c’è la prospettiva di una retrocessione.
Aggiungiamo che, nella rosa attuale dell’Lr Vicenza, una dozzina di giocatori ha il contratto in scadenza e a loro si aggiungono i tre importanti prestiti stagionali come quelli di Diaw, Ranocchia e Di Pardo. In questo contesto di precarietà mi sembra difficile creare lo spirito di corpo che è una delle componenti tecniche della risalita. Comunque sia, bisogna far arrivare rinforzi che diano qualità a tutti i reparti.
Oltre tutto, e concludo la risposta, non avrebbe economicamente alcun senso acquistare ora giocatori di Lega Pro che, fatti salire in B, da un lato costerebbero – almeno d’ingaggio – molto più che in C e, dall’altro, non si capisce a cosa servirebbero in uno scorcio di campionato per il quale non sono qualitativamente all’altezza.
Un altro lettore, J.R., mi chiede: “come la pensa sul patto di solidarietà della Curva Sud con la società dell’Lr Vicenza per sostenere sempre e comunque la squadra?”. Niente di nuovo, caro lettore, infatti è sempre stata questa la linea della Curva. È prevalsa perfino all’epoca del fallimento. Il fondamento della decisione sta in un concetto aprioristico del tifo, che – secondo i sostenitori – andrebbe garantito sempre e comunque. E le critiche si dovrebbero fare solo alla fine.
È bello e suggestivo che ci sia questa visione fideistica del proprio rapporto con la squadra e con la società. Gli studiosi hanno da tempo spiegato che il tifo calcistico ha preso il posto della fede religiosa, creandone quasi una versione parodistica se non irriverente. Però è così e va rispettato il desiderio di trovare in un campo di calcio il succedaneo di una chiesa. Chi ci crede, infatti, si impegna fermamente, spende soldi, spesso soffre e trova una spinta esistenziale e culturale.
Questo atteggiamento ha un difetto: fa perdere di vista il contesto. Il calcio di oggi ha ben poco di sport, di romanticismo, di cuore. La grande macchina è un colossale show business televisivo che vive quasi esclusivamente grazie ai diritti pagati dai network agli enti nazionali e internazionali.
Tutto è in funzione dello spettacolo, sono cambiati geneticamente le società, i giocatori, gli allenatori, grandi interpreti – ognuno al suo livello – di questo spettacolo globale. Fa tenerezza sentire tifosi che si appellano ancora alla maglia, ai colori, al blasone come quarant’anni fa. Rifiutano di accettare la realtà e cioè che le cose stanno andando da un bel pezzo in un’altra direzione e che loro sono considerati solo dei consumatori.
Forse, se ci fosse una presa di coscienza di essere dei clienti e quindi di avere il sacrosanto diritto di pretendere un prodotto all’altezza da parte delle società, delle leghe e delle televisioni, la linea della Curva Sud sarebbe diversa. Chi l’ha detto, poi, che una critica tempestiva e civile non serva? Aspettiamo che accada l’irreparabile? A quel punto, però, una quota di responsabilità te la devi assumere anche tu. Mi auguro che il patto di solidarietà che è stato concluso dalla Curva con la società serva a qualcosa, perché dei tifosi così meritano rispetto. Ma, se a gennaio i rinforzi non arrivassero…?