Come riportato da varie fonti Luigi Di Maio, il nuovo “doppio” ministro del lavoro e dello sviluppo economico, nonché vicepresidente del consiglio dei ministri, ha affermato ieri: “Tra le iniziative da affrontare subito, nel breve medio e lungo periodo, ci sono il via allo spesometro, al redditometro, agli studi di settore.“. Lo ha detto con il chiaro scopo di attribuirsi il merito di tali “cancellazioni”. In questa maniera ha dimostrato, non volendo dubitare della sua buonafede, una rilevante dose di incompetenza o, per lo meno, di ignoranza e mancanza di informazione (cose molto gravi per un ministro).
E poi, davanti a una folla plaudente, ha, tra l’altro, dichiarato: “Adesso lo Stato siamo noi“, dimostrando così, una certa confusione tra i concetti di Stato e Governo.
Riguardo alla prima affermazione è bene ricordare (si riprende quanto si può trovare facilmente in internet) che l’abolizione dello spesometro era già prevista nella legge di Bilancio del 2018 e, come preannunciato, avverrà nel 2019 come effetto della fattura elettronica obbligatoria. Per quanto riguarda gli studi di settore, questi verranno sostituiti (è già previsto) dagli Indicatori sintetici di affidabilità (ISA). Il redditometro, invece, è praticamente in disuso da tempo, tant’è che, come testimoniano i numeri forniti dalla Corte dei Conti, nel 2016 gli accertamenti sono stati 2.812 su 41 milioni di contribuenti e 5 milioni di partite Iva.
Non c’è che dire. Promettere di abolire alcune incombenze che sono già state cancellate di fatto o certamente lo saranno, non depone a favore della professionalità di chi se ne prende il merito. Se tali affermazioni, poi, sono fatte da chi si appresta a governare il paese promettendo “il cambiamento“, il futuro che ci aspetta non promette nulla di buono.