L’ultimo candidato sindaco di Vicenza è quello M5S: Francesco Di Bartolo con 39 voti batte Marco di Gioia fermo a 20

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Tanto tuonò, che piovve. Erano 62 presenti e 60 votanti, mercoledì sera nella sala stucchi di villa Lattes sede della circoscrizione 3. Il M5S vicentino, travagliato da innegabili lotte intestine e orfano dei sistemi elettronici di democrazia diretta, è ultima tra le forze politiche locali a designare il suo portavoce a sindaco. Ancora una volta si sono avvicendati nelle presentazioni i due candidati Francesco Di Bartolo, avvocato civilista 62enne, e Marco di Gioia agente di commercio 53enne. Ancora una volta il popolo a 5 stelle, con i curricula e i certificati penali alla mano, pone le ultime domande ai candidati e seleziona la sua classe dirigente.

Ognuno degli eleggibili, cercando di captare le ultime benevolenze degli elettori, sottolinea gli aspetti migliori del proprio passato nel tentativo di renderlo aderente alla natura pentastellata. Poi, si alternano i “garanti” della votazione: arrivano le raccomandazioni di Cappelletti, Zaltron e Ferrarin, tutti portavoce uscenti, che si ergono anche un po’ a padroni della democrazia grillina. Si vota. Tutto sembra assomigliare ad una chiama in parlamento durante il voto segreto. Poi si aspetta. Le urne saranno aperte solo alle ore 23. Ecco, lo scatolone si rovescia: i voti validi sono 59. A Di Bartolo, siciliano di Piazza Armerina, vanno 39 voti; a Di Gioia, nato a Torino e vicentino per amore, 20 voti. Una scheda bianca. L’assemblea festeggia: bicchieri di plastica e qualche birra popolare. Da oggi in poi sarà l’avvocato siciliano a vedersela con le tv e i candidati avversari. Il movimento vicentino che 5 anni prima poteva vantare ben 11 candidati a sindaco, ora si è avvalso di due personaggi presi in fin dei conti da fuori, non vicentini di nascita e soprattutto esordienti nella temperie a 5 stelle. Le continue accuse di incompetenza però hanno lasciato il segno: la lente d’ingrandimento sui curricula dei candidati ha consegnato un verdetto che assomiglia del tutto ad un premio alla carriera. Sfortunatamente in mancanza di un preciso orizzonte ideale, e affocato dalla regola soggettiva “dell’uno vale uno” il M5S cerca di contenere il suo vero sostrato umorale – l’ansia partigiana, la passione polemica e le eterne ambizioni – con regole democratiche massimamente cogenti. Tuttavia l’assemblea degli attivisti tanto numerosi in questa occasione, catturati in mezzo a generazioni di simpatizzanti che passano ma non si allocano stabilmente, troppo spesso confonde la meditata opportunità della scelta politica con l’immancabile referendum simpatia, retaggio di un popolo a cavalcioni tra i guizzi razionali e gl’istinti e le paure, dove nuove libertà e vecchie galere approntano i clamori del nuovo populismo. L’urna è stata richiusa, ma a pochi importa se nel fondo gemono la schiettezza assieme a sua sorella onestà, come la speranza nel vaso di Pandora.

Giuseppe Di Maio