L’Università di Beira viaggia a pieno ritmo

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L’Università Cattolica di Beira è uno dei segni tangibili della volontà che ha la città di alzare la testa, dopo il ciclone che l’ha messa in ginocchio a marzo. «Anche noi abbiamo subito danni gravi – racconta il vicerettore padre Rafael Sapato -. La sede è stata scoperchiata, l’acqua ha danneggiato computer e impianti elettrici. Ma tre settimane dopo il tifone, gli studenti erano già in classe per seguire le lezioni. Non hanno voluto perdere un solo giorno».
Padre Rafael Sapato

Quasi trentamila iscritti e dodici facoltà fanno dell’Università Cattolica un punto di riferimento nel Paese. «Siamo nati nel 1995 a Beira. All’epoca l’unica università del Paese era la statale, a Maputo, dove però era molto forte, e lo è tuttora, l’influenza del partito che da oltre vent’anni governa il Mozambico, il Frelimo. L’obiettivo dei Vescovi era quello di offrire a più mozambicani possibile l’opportunità di studiare. Siamo stati la prima università privata del Mozambico e possiamo vantare di stare formando la classe dirigente del Mozambico perché il nostro non è un insegnamento “politico” ma aperto. Noi facciamo scienza, non politica».

«Negli ultimi anni, si è deciso di marcare in maniera più forte l’identità cattolica della nostra università. Nonostante questo, è molto frequentata anche dagli studenti di religione musulmana, fatto che ci attira critiche, ma che è invece un segnale della qualità dell’offerta formativa».

Uno dei punti di eccellenza della Cattolica è la facoltà di Scienze Sanitarie, sostenuta anche dall’attività del Cuamm di Padova. «Proprio la facoltà di scienze sanitarie è stata la più danneggiata dal ciclone, in particolare il centro medico che offre cure di base. Grazie al console tedesco è stato rimesso in piedi ed è tuttora un riferimento perché gli ospedali di Beira sono ancora in ginocchio». Quando si parla di ricostruzione, scappa una mezza risata al vicerettore: «Il Governo vuole intestarsi la regia, ma il popolo ha poca fiducia, teme che le risorse provenienti da altri Paesi non arrivino a chi ha bisogno. Per questo si preferisce appoggiarsi a contatti sicuri: amici, missionari, Ong… del Governo, però, dobbiamo fidarci, specie ora che si è da poco svolta la conferenza con gli Stati che contribuiranno alla ricostruzione della città. Bisogna sperare che venga fatta bene». Di certo la città di Beira non rimarrà impassibile: «Beira ha sempre rappresentato l’anima dell’opposizione al Governo. Se Beira alza la voce allora possiamo credere che il popolo non verrà calpestato».