Forse è proprio vero che ogni cosa produce il suo contrario, e anche la scienza e la tecnica prima o poi creeranno il loro nemico. Intanto hanno creato Internet, e il sapere che si diffonde nella rete a volte insidia quello che viene da un corso di studi regolare. Il periodo eccezionale dell’immediato dopoguerra in cui fu generata la nostra Costituzione fu anche il momento di un’alleanza trasversale tra le classi nel restauro del patto sociale. Le classi dirigenti che si proponevano alla nazione avevano prestigio per essere state capaci di sopravvivere al lungo giro di chiglia del ventennio, e per aver fatto la lotta partigiana.L’autorità in genere non conosceva discredito, i pochi laureati e persino molti semplici diplomati rappresentavano senza problemi lo scibile tecnico-scientifico della nazione.
La successiva corruzione della democrazia e delle sue istituzioni ha allentato il patto sociale, insufflando nella popolazione una sfiducia istintiva per l’autorità. Il tradimento delle avanguardie ha generato nel popolo una rivolta iconoclasta e uno spirito di autosufficienza, fin quando, ai giorni nostri, partiti e movimenti hanno fatto di questa sfiducia un programma politico elettoralmente vittorioso. La democrazia ha ricevuto nuovo impulso proprio dall’interruzione della delega, dalla caccia alla dirigenza abusiva, dall’impegno personale nell’indicare problemi e soluzioni. Il posto d’elezione di queste politiche fai da te, è Internet, naturalmente.
Sulla rete la cartina al tornasole delle mode, delle tendenze politico-morali acquista immediata virulenza. La possibilità di procedere a fulminee verifiche, anche per gente appena alfabetizzata, ha condotto ad una condivisione collettiva dei saperi. A prima vista niente di meglio, ma il pericolo è in agguato. Così come attraverso la rete si riescono a smascherare le intemperanze dei politici, le malefatte degli imprenditori e dei pubblici amministratori, allo stesso modo la rete dei singoli cittadini pretende di sostituire la scienza e i suoi obblighi. La contingenza più clamorosa di quanto prospettato è l’associazionismo “no-vax“, l’antivaccinismo, che dalle possibilità di Internet ha ricevuto nuovo impulso. Alle ragioni tradizionali, religione, scetticismo, inutilità, etc. si sono aggiunte quella degli interessi economici, della corruzione, dell’insicurezza, dei danni.
Molte parole, come ad esempio “immunità di gregge”, sono diventate di uso comune dopo il decreto del governo Gentiloni convertito in legge 28 luglio 2017, decreto che ha reso obbligatorie ben 10 vaccinazioni nella fascia da 0 a 6 anni. Molti no-vax si appellavano alla volontarietà che vigeva in tanti altri paesi europei, ma la Francia ci ha appena seguito elevando a 11 i suoi vaccini obbligatori. Nel frattempo la polemica è diventata ancora più furiosa per le implicazioni politiche in essa contenute. Oggi il ministro della sanità Giulia Grillo appartiene ad una forza politica che si deve destreggiare tra i suoi molti elettori no-vax e la sua professione di medico.
La rete è piena di cittadini alle prese con i problemi della lentezza dei servizi sanitari, con i dubbi sull’efficacia dei prodotti, con la certezza delle ripercussioni allergiche o con i gravi danni all’organismo, gente che mischia disinvoltamente questi argomenti con quelli delle lobbies del farmaco, degli interessi delle case farmaceutiche, della politica del governo, del servilismo dei partiti e delle dirigenze. Ricordo come ad una signora che, laureata alla libera università di internet – così ella diceva, obiettando le sagge tesi del conferenziere – quello spazientito rispose: “Signora, mi perdoni, ma la scienza non è democratica”.