A pochi giorni dagli arresti per ‘Ndrangheta in Veneto, il rapporto della Dia traccia un profilo ben preciso (e inquietante) di come le mafie abbiano messo radici nel territorio. Secondo gli investigatori della Direzione investigativa Antimafia, nel Nord Est le mafie trovano terreno fertile «anche perché la sensibilità verso il fenomeno, a tutti i livelli (compreso quello istituzionale), è stata per lungo tempo non adeguata a riconoscere e contrastare l’insidiosa offerta di capitali criminali».
In Veneto la «fitta e funzionale rete infrastrutturale, in fase di ristrutturazione ed ulteriore ammodernamento, che consente una veloce movimentazione di mezzi e passeggeri» può «cadere nelle mire delle organizzazioni criminali, sia per lo sviluppo di traffici criminali transnazionali, sia per il riciclaggio, realizzato attraverso l’infiltrazione negli appalti».
Lo sottolinea la Direzione investigativa antimafia, nella relazione semestrale inviata al Parlamento. «L’utilizzo di tecniche elusive delle imposte, finalizzate al riciclaggio o all’autoriciclaggio – precisa il comunicato della Dia – è stato un elemento comune a molte delle più recenti indagini antimafia condotte in tali territori». Viene definita poi «stabile» la presenza di proiezioni delle organizzazioni criminali mafiose nel Veneto. Per quanto riguarda i beni confiscati, a fronte di 82 procedure attive (44 per procedimento penale e 38 per misure di prevenzione), risultano gestiti 278 immobili – di cui 126 già destinati – e 21 aziende, sette delle quali nel settore delle costruzioni e nove nel settore del commercio.
«Elementi, questi – conclude la Dia – che dimostrano da una parte un’azione di contrasto efficace, ma che, dall’altra, sono indicativi di una presenza delle mafie sul territorio, favorita dalla cosiddetta ‘area grigià di imprenditori e professionisti che accettano il confronto o addirittura si rivolgono loro stessi alla criminalità organizzata, convinti di poter meglio sviluppare i propri affari e aumentare i profitti».