Il lettore A.T. mi fa questa domanda di attualità: “come si può interpretare quanto è successo in relazione alla maglia Icon?”. Sono possibili almeno due interpretazioni: una momentanea perdita di controllo da parte del patron Renzo Rosso o il primo passo verso una exit strategy di OTB (qui la rubrica “Poggi risponde ai lettori“, per inviare domande cliccate qui, ndr).
La vicenda, in sé, è marginale perché si tratta solo di una terza maglia, la Icon, che, ormai, tutti i club professionistici adottano solo per il mechandising, ovvero per vendere qualche capo in più ai tifosi. Gli stilisti, di solito attenti a non scostarsi troppo dalla tradizione, con questa maglia danno spazio alla creatività e inventano decori estemporanei, così qualche fanatico o qualche collezionista corre a spendere cento euro per comperarla.
La cosa ormai è tollerata dappertutto. Il putiferio avvenuto a Vicenza nasce (anche sui media nazionali, vedi copertina, ndd) sia dallo “sgradimento” di gran parte dei tifosi verso una maglia ritenuta irrispettosa e, per loro, nemmeno bella sia dalla reazione inspiegabilmente sopra le righe di RR, che ha replicato con parole e gesti inappropriati. Mr Diesel è probabilmente stanco della situazione che si è creata a Vicenza e di cui, comunque, si deve pur prendere qualche responsabilità, e ha interpretato la legittima espressione di contrarietà della tifoseria come un ulteriore attacco personale che si aggiungeva a quelli che da mesi lo perseguitano. Ma un capo non può permettersi di sbroccare così, soprattutto nel calcio, e deve rispettare chi sostiene la squadra anche a prescindere dal momento negativo.
Oppure si tratta di un incidente voluto, l’avvio di una strategia di disimpegno che parte dalla constatazione di una rottura quanto meno con la Curva Sud. “Non voglio stare in Paradiso a dispetto dei santi” sarebbe il presupposto di Rosso per giustificare la cessione della sua quota tentando di trasferire sulla tifoseria la responsabilità di un abbandono.