Su L’Espresso del 15 agosto (in copertina “I soldi della Lega, gli affari di Salvini e Zaia“) ci sono due inchieste su flussi di denaro che il settimanale collega alla Lega e/o a suoi esponenti, la prima delle quali “tocca” Massimo Malvestio la cui attività viene, per lo meno mediaticamente, vivisezionata da Paolo Biondani e Andrea Tornago.
Il titolo cattura lettori è “Bello il Veneto, lo trasferisco a Malta. Un potente avvocato vicinissimo a Zaia. Un’isola offshore diventata la centrale europea dei business opachi. E uno strano asse fra Treviso e La Valletta” e la fonte principale indicata è quella dei documenti societari di Malta, esaminati dall’Espresso grazie al consorzio giornalistico Icij (International Consortium of Investigative Journalists).
Lasciando a voi la possibilità di leggere su L’Espresso gli altri due articoli abbiamo pubblicato per esteso quello su Malvestio oltre che, ovviamente, la sua replica al settimanale, visto che il professionista forense trevigiano ora gestore di fondi a Malta si era mostrato molto attento al nostro lancio di sabato 14 (“Malvestio, L’Espresso: 400 mln gestiti a Malta dal legale di Zaia da palazzo mandante omicidio Daphne. Repliche querelante “affezionato” a Coviello come Zaia e Zonin“) scrivendoci subito e di persona una mail avente ad oggetto “Ulteriore diffamazione“.
«Questa “titolazione” - scrivevamo della mail - di certo non lasciava spazio a interpretazioni pacifiche da parte nostra visto che seguiva un decreto penale per ben, se non ricordo male, 500 euro, ovviamente opposto con ragioni che illustreremo in giudizio, per una frase su Malvestio presente in un nostro articolo su Consoli per la quale il protagonista dell’inchiesta de L’Espresso ci ha querelato forse per eccesso di suscettibilità visto che ad oggi ancora non ne capiamo, insieme ai nostri legali, l’offensività nonostante il pronunciamento del “solitamente severo” (con noi?) tribunale di Vicenza».
La mail sulla “Ulteriore diffamazione” era basata su un precedente riferimento malizioso nel consiglio regionale del 12 febbraio 2019 dell’allora consigliere regionale di maggioranza Sergio Berlato a «qualcuno (un avvocato?, ndr) particolarmente noto per essere… “malvestito”».
Era facile supporre che l'esponente politico di FdI puntasse il dito verso l'avvocato Malvestio, che, infatti, ce l’ha direttamente confermato come sua interpretazione inviandoci la trascrizione esatta (“qualcuno che normalmente è conosciuto per avere abbigliamenti non consoni, non si veste bene”) delle affermazioni di Berlato presenti nel video originale in nostro possesso ma non più rintracciabile, se non abbiamo commesso errori, sul sito della regione.
«L’attuale eurodeputato di FdI - spiegavamo quindi -, noto anche per aver contribuito con le sue denunce ad accendere un faro sulle vicende del Mose preannunciò in quel consiglio regionale che "come lungo era stato il percorso della sua denuncia contro il malaffare del Mose (dal 2009 al 2014) altrettanto lungo sarebbe stata l’individuazione, su cui stava “indagando”, di eventuali irregolarità di fondi “veneti” che vagherebbero tra i paradisi fiscali di Lichtenstein, Lussemburgo e, appunto, Malta"».
Questo lungo "memo" è utile a farvi supporre che l'avvocato Massimo Malvestio, oggetto degli strali de L'Espresso, non ci sia "particolarmente amico" per cui i "vari spunti" che avevamo promesso di sottoporvi in base alla lettura dell’articolo completo e della replica di Malvestio, che vi avrebbero dato un quadro completo dello stato dell’arte della questione, di certo non nascono da scambi di... cortesie.
A meno che il professionista trevigiano-maltese, se leggerà, come leggerà, le nostre considerazioni non provi a capire, nonostante la sua innata aggressività (in questa, sì, gareggiamo con lui) e traendone, quindi, le logiche conseguenze, che queste valutazioni e quelle sulle sue dichiarazioni alla stampa e non sui suoi comportamenti professionali con l'allora suo patrocinato Consoli, come vuol far credere ai giudici vicentini, potranno piacergli o meno ma sono fatte ed espresse in piena libertà.
Dopo la lunga premessa cerchiamo, per chi ha resistito finora, di sottoporvi gli spunti di riflessione sull'articolo de L'Espresso, in questo articolo, e sui suoi effetti, in un futuro scritto.
L'articolo ferragostano
Come purtroppo accade in questi casi, magari soprattutto per le calure ferragostane, talvolta la tesi viene trasformata in ipotesi e le ipotesi diventano la tesi da dimostrare.
"Se piove apro l'ombrello", scusatemi in fondo ero e rimango un ingegnere, è il processo logico di un teorema basato su un'ipotesi (se piove) la cui conseguenza logica (la tesi), se verificata come vera, è "apro l'ombrello".
Se inverto ipotesi con tesi ecco allora che il processo logico diventa "se apro l'ombrello piove", il che, evidentemente, non è univocamente vero: se apro l'ombrello può darsi che lo faccia perché piove, certo, ma anche perché voglio proteggermi da un sole infuocato o, perché no?, dagli escrementi di uccelli che mi piovono in testa o da qualunque altra cosa in caduta su di me o, anche, come faceva la magica tata Mary Poppins, per tornare da dove è venuta, tra le nuvole, spinta dal vento che soffia nell'ombrello aperto...
Allora "se i suoi residenti e i loro amici sono loschi, a Malta si fanno affari loschi" oppure "se a Malta si fanno affari loschi, i suoi residenti e i loro amici sono loschi": quali dei due teoremi voleva dimostrare L'Espresso nel suo numero del 15 agosto?
«In questi mesi i magistrati di varie procure stanno indagando su società e conti esteri controllati dai big lombardi della Lega, come il governatore Attilio Fontana o i tesorieri-fiduciari scelti dall’ex ministro Matteo Salvini dopo lo scandalo delle ruberie di Bossi e Belsito. Finora però s’ignorava che un avvocato di Treviso così vicino a Zaia avesse creato a Malta un impero finanziario di queste dimensioni...» scrivono ad esempio Paolo Biondani e Andrea Tornago, sicuramente bravi a scrivere ma, temiamo, meno a leggere.
Bastava, prima che fosse invaso da riferimenti all'attuale "inchiesta", cliccare su Google e trovare una serie di informazioni interessanti per avere e dare un quadro più completo delle attività del nostro (non) amico maltese di Treviso.
Eccone due ad esempio:
- di interviste sulle sue attività sono ricchi anche i quotidiani locali della catena di cui fa parte L'Espresso, non ultima quella per la quale ci ha portato a giudizio a firma del direttore Paolo Possamai, non di un Giovanni Coviello qualunque
- Malvestio è stato autore per Marsilio non solo, nel 2007, di "Credito Cooperativo, Storia di uomini, bisogni, successi in Veneto: storia del Veneto e del suo sviluppo, dalle casse rurali fino alle banche di credito cooperativo" e coautore di "11 idee per l'Italia" del 2013 ma anche nel 2012 di "Mala gestio: perché i veneti stanno tornando poveri", in cui sono riassunti otto anni di fondi (nel senso di articoli allora...) che ha pubblicato su Nordesteuropa.it e sul Corriere del Veneto. Nella presentazione del volume l'autore contesta la vulgata che "è la crisi che ci ha reso poveri e non poteva essere evitata. Grandi forze oscure hanno congiurato" perché "I danni peggiori non sono venuti da forze oscure e lontane, ma dal disinteresse in cui si è lasciata la cosa pubblica. Quel che emerge davvero è che il Veneto è stato sopraffatto dalla cura di tanti piccoli interessi privati. Quel che è peggio è che accanto ad essi non vi era più neppure una visione, un disegno di prospettiva". Insomma nel 2012 Malvestio denunciava proprio quella mala gestione e quegli interessi privati di cui ora si occupa L'Espresso
Ma, si dirà, gli uomini possono cambiare residenza e, perché no?, indole. E Malvestio "nell’ottobre 2013" si trasferisce a Malta spiegando l’espatrio "nel suo profilo su Internet, dove si presenta così: «Un tempo avvocato a Treviso. Ora a Malta, a debita distanza dalla bancarotta del Bel Paese»".
Sembrerebbe che la motivazione del primo cambio, quello di sede, sia in linea con la denuncia della mala gestio almeno del Veneto nel libro dell'anno prima oltre che con la nuova attività prevalente, quella della gestione di fondi che nascerebbe anche dalle precedenti esperienze professionali e aziendali, su cui però L'Espresso stende una cortina di dubbi in base ai quali incarichi e cariche sarebbero nate non da esperienze testimoniate anche nelle pubblicazioni oltre che nell'attività forense ma da un vulnus di base, la tesi da dimostrare, l'amicizia reciprocamente colpevole con Luca Zaia, altro personaggio che ci è notoriamente amico con le sue denunce, anche queste, per nostra evidente ignoranza, a noi incomprensibili se non per il loro aspetto di censura di tutte le critiche, anche quelle fattuali.
Perché allora il cambio di "residenza" è anche un cambio di indole di Malvestio che da Malta "amministra fondi d’investimento con una raccolta (dichiarata nel 2019) di 413 milioni di euro. Ma gestisce anche patrimoni individuali, non quantificati. I nomi dei clienti, li conosce solo lui"?
Non facciamo osservare ai colleghi de L'Espresso, di certo così più valorosi di noi da non beccarsi le denunce seriali non solo di Malvestio e Zaia ma anche di un certo Gianni Zonin e della fedele assessora povese prima di Galan e ora del presidente in carica e di fatto già rieletto (salvo, ecco la malizia che ci viene in mente stavolta a suo favore, scandali enormi che scoppino come un temporale non solo estivo) che sfidiamo chiunque a conoscere i nomi di chi fa investimenti in fondi o in altri strumenti finanziari presso intermediari con sede anche in Italia, paese europeo come Malta, anche se qui, come in Liechtenstein e Lussemburgo oltre che in Olanda, non si lesinano vantaggi per possessori di patrimoni e di società, ma questo è un altro discorso...
Se in Italia, per la privacy, neanche si sa quali politici benestanti abbiano incassato i 600 euro dei bonus Covid volete che un intermediario, che so Intesa Sanpaolo che ha fatto bingo sulle banche (la bingo banca che ha fatto un solo boccone delle Popolari venete anche perché "il Veneto è stato sopraffatto dalla cura di tanti piccoli interessi privati" senza "neppure una visione, un disegno di prospettiva"?) oppure i fondi di Malvestio o di chiunque altro pubblichino l'indirizzario degli investitori o anche solo, vale per bingo banca & c., quello dei poveri correntisti, magari ex BPVi e Veneto Banca?
Ma allora, se la riservatezza dell'elenco dei "fondisti" è tutelata dalle leggi, non solo, europee dov'è la prova della colpevolezza di Massimo Malvestio e dei suoi legami mutuamente perniciosi con Luca Zaia?
Ecco, finalmente troviamo soddisfazione per il nostro rancore contro Malvestio e Zaia, che ci fanno spendere soldi per difenderci da loro!
È evidente la prova del malaffare per L'Espresso di John Elkann, che, lui sì che è patriottico e cristallino, per le sedi dove gestire le sue società e le loro tasse ha scelto l'Olanda e il Regno Unito mentre per quelle dove incassare 6,3 miliardi di prestiti Covid (da bingo banca) preferisce la cara, vecchia Italia che sempre ha foraggiato la Fiat, le sue marche e i molteplici interessi della sua catena di controllo:
"il non leghista Malvestio continua da mesi a inondare la rete di elogi a Zaia. E a Malta, che ha difeso perfino all’indomani dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata con un’autobomba per le sue inchieste sui paradisi offshore e la corruzione nel governo. Intervistato dal Gazzettino di Venezia il 18 ottobre 2017, Malvestio si è lanciato in una difesa d’ufficio (di Malta, ndr)... La giornalista uccisa era stata la prima a collegarlo (uno degli uomini più ricchi di Malta, Yorgen Fenech, ndr) a una società offshore, Black 17, che ha versato tangenti, via Panama, a ministri maltesi. Ora Malvestio progetta di trasferirsi in un altro paradiso fiscale europeo: Montecarlo. Malta sembra averlo deluso. Forse perché tutte le sue società finanziarie hanno sede al quattordicesimo piano della Portomaso Business Tower: il grattacielo più alto dell’isola. Che appartiene, come il casinò sottostante e molto altro, proprio a Fenech".
Quale prova del malafatte della Malvestio & Zaia connection, esultiamo noi, i loro querelati preferiti, può essere più schiacciante dell'avere una sede nel grattacielo di Yorgen Fenech, peraltro, replica Malvestio, di diretta proprietà dall'iniziale espatrio del 2013 insieme ad altri 500 intestatari?
Nessuna, questa prova è schiacciante.
Ma, un momento, ci attraversa un brivido: fino a poco tempo fa la mia famiglia aveva un appartamento nel complesso costruito a Vicenza dalle aziende della Maltauro, il cui esponente da anni più in vista, Enrico, ha collezionato una serie di patteggiamenti per tangenti, ultimo noto quello recente per Expo 2015.
Non è che ora qualche giornale, magari quello locale confindustriale, da cui pure siamo amati, non ci sparerà di nuovo contro in base al teorema "se Maltauro ha patteggiato, chi vive nei palazzi da lui costruiti è un suo complice"?.
Tremate gente di tutt'Italia e informatevi su chi siano i vostri condomini e su chi abbia costruito le vostre magioni, potreste essere dei delinquenti per diritto catastale.
Già vediamo il presidente Sergio Mattarella tremare: lui abita al Quirinale la cui architettura, ci soccorre sempre Google, "nell'aspetto che ancora oggi mantiene fu portata a compimento nel corso del pontificato di Paolo V Borghese...", la cui famiglia non è certo ricordata solo per preghiere e opere di bene.
Tra l'altro, e per giunta, a prendere il nome di Paolo V, una volta salito al soglio pontificio, fu Camillo Borghese, anche lui, oddio!, avvocato che cambiò mestiere.
Forse, ecco un nuovo tema/teorema per L'Espresso prossimo venturo, dall'avvocato papa ebbe origine lo IOR di Marcinkus e le opere finanziarie del Vaticano ora affidate alla notoriamente attenta vigilanza di Carmelo Barbagallo.
Piccola morale, che brutta parola oggi, prima di invitarvi a leggere i prossimi nostri spunti sugli effetti mediatici dello "scoop" ferragostano de L'Espresso: Malvestio e Zaia saranno pure protagonisti di pagine oscure della finanza e degli interessi veneti, non è dimostrato il contrario, ma se le prove a cui attingere per rivelarle sono i documenti dell'Icij citati dal settimanale romano gestito in Olanda definirle (im)pure congetture è quello che siamo, purtroppo, costretti a fare.
D'altronde delle congetture siamo esperti in quanto proprio su quelle basano i loro assalti giudiziari contro di noi i due personaggi che sono protagonisti della non inchiesta del settimanale che fu di Scalfari e che da questa storia potrebbero imparare una cosa: chi di spada ferisce...
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