
(Adnkronos) – Le aspettative di Michele Serra, il padrone di casa, sono state soddisfatte. Doveva essere una manifestazione per l'Europa, senza troppe contaminazioni partitiche e ideologiche, e una Piazza del Popolo piena ha risposto all'appello. Con tre bandiere a colorarla, quelle blu euoropee, quelle della pace e quelle dell'Ucraina: tre identità che riescono a riempire uno spazio pensato per essere soprattutto delle persone, della società civile. E' sicuramente una piazza 'democratica' e 'popolare', senza bandiere di partito e senza slogan 'contro'. E' una piazza che ascolta, che partecipa, estremamente ordinata e composta. Una piazza matura, e questa è sicuramente una nota che deve fare riflettere, anche per una evidente connotazione anagrafica: è una piazza mediamente 'anziana', con pochi giovani e una proiezione al futuro che resta inevitabilmente orientata alla ricerca di qualcosa che è stato o che avrebbe dovuto essere. Le parole d'ordine sono quelle che Michele Serra riassume nella sua breve ma intensa introduzione, dopo l'apertura sulle note dell'Inno alla gioia. La premessa che fa richiama un concetto che ricorrerà più volte, quello di popolo, "la più democratica delle parole", che mette insieme persone che "sono diverse tra loro, e che su tante cose non la pensano nello stesso modo". Lo scrittore, il giornalista, l'intellettuale si sarebbe detto con altra retorica, vuole evidenziare il valore di queste posizioni che convergono: "Una piazza che unisce le persone diverse è uno scandalo che si chiama democrazia". Altro concetto chiave, che si trasmette di intervento in intervento, è la rivalutazione del dubbio che si lega al rifiuto della propaganda: "Questa piazza non ha risposte ma ha ben chiare le domande". Serra, che "ringrazia" i politici che ci sono e "rispetta" quelli che hanno scelto di non esserci, si rivolge alla politica con una provocazione che vuole censurare la tendenza ad avere la verità in tasca: "Cercate di essere più stupidi". Vuol dire, in altri termini, semplificare il messaggio in "Dite qualcosa di europeo". E poi fatelo. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che guida la lunga lista di sindaci che hanno promosso l'iniziativa, dice una cosa che va nel senso delle parole di Serra e che raccoglie uno degli applausi più lunghi e convinti della folla: "Da questa piazza emerge un messaggio politico profondo, quello di un'Europa popolare e non populista". Dal palco parlano in tanti, forse troppi vista la lista interminabile di contributi che si susseguono, ma c'è una voce che più delle altre sorprende per lucidità e capacità di focalizzare l'obiettivo della manifestazione. Corrado Augias in tre frasi sintetizza un manifesto che riassume il senso della piazza di oggi: "Stavamo a casa, siamo usciti, abbiamo fatto il primo passo". Ovvero, il valore della partecipazione che si lega alla seconda frase: "Non credete a chi dice che questa piazza non serve a niente". E poi un altro frammento di manifesto politico: "E' in corso uno scontro globale per il possesso del mondo che richiede un quarto protagonista, l’Europa". E, quindi, "oggi questa piazza è di nuovo Ventotene". Ventotene, lo spirito dei padri fondatori. Dal palco risuonano ripetutamente i nomi di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni che richiamano a un passato ormai lontano più di ottant'anni. E' una piazza che guarda lì, prima ancora che all'oggi, con tre nomi, quelli di Donald Trump, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, che per una volta finiscono in secondo piano. Ci prova Antonio Scurati a riportare l'orologio del tempo in avanti. Prima dice quello che non siamo, né Putin né Trump. "Non siamo gente che invade (…) che uccide con gusto sadico (…) non deportiamo i bambini". E aggiunge anche, guardando agli Stati Uniti, che "anche voltandoci verso ovest, vediamo quello che non siamo". Poi l'ammissione che interroga l'intera piazza: "Chi siamo, cosa siamo… diventa più difficile dirlo". E tanto vale chiudere con il videomessaggio di Jovanotti: "Mi piace pensare che siamo all'inizio di un grande futuro, ma c'è ancora tanto da fare e da lavorare". Il prossimo passo deve essere portare in piazza anche chi il futuro ce l'ha tutto davanti, quei giovani che si incontrano fuori da Piazza del Popolo, che si muovono a frotte nel centro di Roma, girando intorno a una manifestazione che dovrebbe riguardare soprattutto loro e che invece, sostanzialmente, ignorano. (Di Fabio Insenga) —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)