Marco Cappato, questa mattina alle 11 e 15 si è autodenunciato presso la stazione dei carabinieri di via Fosse Ardeatine a Milano, per avere accompagnato la signora Elena, malata terminale di cancro, al suicidio assistito in Svizzera.
Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni ha detto: “Cinque anni fa, in questa stessa caserma dei carabinieri, ero andato a raccontare le modalità dell’aiuto a Fabiano Antoniani, DJ Fabo, e da lì è partito un percorso giudiziario che ha portato fino alla legalizzazione dell’aiuto al suicidio in Italia, da parte della Corte Costituzionale, ma solo per un certo tipo di malati. Il Parlamento avrebbe potuto subentrare, in questi anni, la Corte Costituzionale lo ha chiesto, a più riprese: quattro anni fa, tre anni fa; non c’è stata nessuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti di questo Paese.
Siamo arrivati ora a questa situazione: di fronte alla richiesta di Elena, che non aveva altre possibilità, se non quella di mettere a rischio la libertà di suo marito e di sua figlia, potevamo lasciarla con il suo problema, girare la testa dall’altra parte, oppure farci carico e assumerci la responsabilità di darle l’aiuto che cercava, che chiedeva; ovviamente facendolo alla luce del sole, assumendoci totalmente la responsabilità di questo”, ha concluso.
Per Marco Cappato si tratta di una nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, quindi non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso alla tecnica in Italia.
In Italia, infatti, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani (sentenza 242 della Corte costituzionale) il suicidio assistito è possibile e legale in determinate condizioni della persona malata che ne fa richiesta (persona affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale), requisiti riconosciuti invece a come “Mario”/Federico Carboni, il primo caso di suicidio assistito in Italia). Cappato rischia dunque fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.