Marmolada, Masolo (EV): “Stiamo perdendo il ghiacciaio più grande delle dolomiti, e la politica sta a guardare”

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«Stiamo perdendo il ghiacciaio più grande delle Dolomiti»: il consigliere regionale Renzo Masolo (Europa Verde) rilancia l’allarme sulla situazione del ghiacciaio della Marmolada, che secondo la campagna di Legambiente “Carovana dei ghiacciai”, sembra destinato a sparire entro il 2040 a causa del cambiamento climatico.

Renzo Masolo
Il consigliere regionale di Europa Verde Renzo Masolo

Masolo descrive il ghiacciaio come un paziente gravemente malato: «Ho potuto constatare personalmente le condizioni critiche dell’illustre paziente quando, lo scorso giugno, mi recai sulla vetta della regina delle Dolomiti. Impossibile per me dimenticare le cascate d’acqua create dalla fusione del ghiacciaio; lo ‘zoccolo’ di neve molle sotto i ramponi che appesantisce il passo; il rumore della neve sciolta che scorre tra le rocce. La crisi climatica sta logorando irrimediabilmente, come un cancro feroce, uno dei ghiacciai più importanti d’Europa». Ma se la diagnosi è certa, prosegue il consigliere EV, ci sono responsabilità altrettanto precise da parte di chi dovrebbe curare questo malato grave e che invece «rimane a guardare senza coglierne la sofferenza». Masolo si riferisce a politici e amministratori: “Non possiamo interessarci alla montagna – ribadisce – solo per fare cassa mediante il turismo, tra l’altro non sempre sensibile alle istanze della montagna stessa, o pensando ai grandi eventi. Senza un interesse vero, senza un prendere a cuore lo stato delle cose, tra qualche decennio, quella montagna che conoscevamo fino a poco tempo fa non esisterà più. Anche i figli di coloro che negano il cambiamento climatico, e nella nostra Regione non mancano, non godranno di quella fortuna che abbiamo goduto noi. Non conosceranno la montagna nel suo splendore, perché nel frattempo sarà divenuta ben altro». Masolo conclude riferendosi alla disputa tra Regione Veneto e Trentino per la spartizione del Ghiacciaio della Marmolada, una disputa a base di carte bollate che però non è utile alla situazione: «I confini – conclude – contano per rivendicazioni che non hanno alcun impatto nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici. Non è mai troppo tardi per invertire la rotta; ma prendendo atto della tendenza, non è nemmeno troppo presto per organizzare un funerale. La montagna perisce anche per l’inadempimento della politica”.