Sul “matrimonio finto” Fascina/Berlusconi, la vera notizia è che Silvio Berlusconi, mancando l’ufficiale di Stato Civile, non si è sposato. Al di là del gossip, ci interessa il motivo per cui la coppia – evidentemente motivata all’unione anche nei suoi risvolti sociali – ha scelto di non sposarsi: decisione tipica anche nelle coppie “comuni” per evitare non irrilevanti conseguenze.
Il motivo dichiarato del mancato matrimonio
La moglie avrebbe ereditato dal marito una quota non solo consistente, ma più elevata (1) di quella di ciascuno dei figli di lui, che sono cinque: “questo matrimonio non s’ha da fare” sarebbe stato il verdetto dei discendenti naturali di Berlusconi e lui avrebbe ceduto o acconsentito.
Il matrimonio, obblighi e diritti
Premesse:
– Il matrimonio non comporta solo l’insorgere di diritti successori ma, alla promessa di “amore”, conseguono – in vita – obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale, convivenza e fedeltà e, in caso di morte, altri diritti come la pensione di reversibilità.
– L’ordinamento ha interesse alla regolazione dei rapporti, affinché gli obblighi contratti abbiano tutela giuridica e siano previste regole in caso di trasgressione o separazione e divorzio.
– La normativa per il riconoscimento di alcune tutele alle famiglie di fatto, si applica solo alle convivenze tra persone di stato civile libero, e tra queste non c’è il reciproco diritto al mantenimento in caso di separazione e diritto successorio.
– Nel contrarre matrimonio i coniugi hanno solo il diritto di dire “si” alle regole che vengono lette dall’officiante, e l’unica scelta che viene loro consentita è se stabilire che i beni acquisiti dopo il matrimonio entrino nel regime di comunione (ovvero appartengano ad entrambi anche se acquistati da uno solo) oppure no.
Tutto il resto, obblighi e diritti reciproci, è quanto previsto dalla legge, “regime vincolistico del matrimonio”.
Tra le conseguenze obbligate del matrimonio c’è che il coniuge acquista la qualità di erede, legittimo e legittimario: la legge garantisce al coniuge superstite una quota del patrimonio del defunto e, nel caso quest’ultimo abbia fatto un testamento, gli garantisce una quota (riserva di quota) qualora nel testamento non sia stata rispettata (inferiore a quella che riceve in assenza di testamento).
Regole che valgono anche per figli e ascendenti.
Indubbiamente nel caso della futura successione di Berlusconi il fatto che la Fascina sarebbe diventata la maggiore azionista dell’impero economico ha turbato i sonni dei figli (così è stato riferito) ed è verosimile, comprensibile: potrebbe essere un turbamento condividere la gestione di attività commerciali o beni comuni con una persona che aveva un rapporto col genitore defunto, ma che con i figli superstiti – non essendo loro genitrice – non aveva altre condivisioni.
Oltre Fascina/Berlusconi
Il problema non riguarda solo i ricchi, i vip, anzi riguarda ancora di più chi ricco non è, e magari trova nella seconda e spesso estrema fase della sua vita il vero partner, o una ragionevole sistemazione delle proprie esigenze, e vorrebbe verso questa persona garantire, sia nel presente che nel futuro, una adeguata protezione, ma ….. i figli sarebbero depauperati di ciò che per legge e per cultura spetta loro.
Dopo un divorzio, sono tante le persone che decidono di non risposarsi, quando magari anche solo la pensione di reversibilità al coniuge superstite (che ai figli maggiorenni non spetta) sarebbe un aiuto alla sopravvivenza.
Nell’esperienza dell’avvocato è comune la richiesta di sistemazione patrimoniale in vita, donazioni ai figli con riserva di usufrutto per “comprare” la libertà di risposarsi, con ciò perdendo la disponibilità dei propri beni in vita, ma non basta, perché le donazioni possono essere oggetto di revoca, non si possono fare le vendite simulate perché ora nei contratti va tracciato l’effettivo passaggio del denaro, quindi non resta che non sposarsi. E si sa, in famiglia il ricatto affettivo è sottile e talvolta crudele: “scegli noi o lei/lui”, fino ad arrivare a segnalazioni per la nomina di amministratore di sostegno dell’anziano genitore che, si sa, con l’età ha perso lucidità e potrebbe diventare preda della badante di turno; e così non può né sposarsi né fare testamento.
Garantire ai coniugi autonomia negoziale nel contratto matrimoniale?
Il rapporto coniugale nasce col matrimonio, i beni personali di ciascuno, precedenti al matrimonio, restano proprietà individuali, a meno che gli stessi coniugi non decidano la comunione (cosa che avviene di rado). I beni acquistati dopo il matrimonio entrano in comunione salvo diversa decisione, al momento del “Sì” i coniugi possono scegliere il regime di separazione dei beni, ovvero che ciascuno resti proprietario dei beni che acquisterà (questo, comunque, non impedisce di acquistare beni in comproprietà).
Per le proprietà in vita i coniugi hanno libertà di scelta, anche di modificare successivamente il regime patrimoniale.
Il matrimonio è un contratto tra persone adulte con libero consenso (altrimenti non sarebbe valido).
Perché non prevedere che all’atto del matrimonio i coniugi possano optare che il coniuge erediti solo i beni acquisiti dopo il matrimonio?
Questa libertà negoziale non confligge con dettati costituzionali. Coerente con la natura contrattuale del matrimonio, non sminuisce lo stesso, obblighi e diritti reciproci rimangono integri, non svilisce la dignità del coniuge, e favorirebbe (specie nei secondi matrimoni) la libertà di sposarsi, con vantaggi dei privati e dell’ordinamento.
Innovazione culturale e normativa: rispetto di libertà e diritti acquisiti
La normativa successoria oggi in vigore risale all’originaria disciplina del matrimonio, quando il matrimonio era indissolubile, e non era prevista autonomia di decisione ai contraenti.
Con l’introduzione del divorzio si è riconosciuta la libertà di porre fine agli effetti del contratto matrimoniale, sia pure con regolazione di legge quanto ai reciproci residui eventuali obblighi (mantenimento), il singolo decide se porre fine al vincolo matrimoniale ma non può decidere alcunché riguardo agli effetti patrimoniali dopo la propria morte.
Questa mancanza di autonomia contrattuale a nostro avviso confligge con i diritti individuali e la ragionevole regolazione delle obbligazioni reciproche.
Al momento abbiamo dato mandato ad un gruppo di giuristi di redigere a riguardo una proposta di legge.
NOTA
1 – 1/3 al coniuge e 2/3 ai figli da dividersi in parti uguali.
Elisabetta Bavasso, legale, consulente Aduc