Matrimonio religioso “costa di più” e per Furgiuele (Lega) serve un “bonus”. Come per “nozze con i fichi secchi” della manovra Meloni?

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Furgiuele e bonus per matrimoni in chiesta
Furgiuele e bonus per matrimoni in chiesta

Furgiuele. Non è uno scioglilingua – anche se potrebbe sembrarlo – ma un deputato leghista. Per l’esattezza un deputato leghista di Catanzaro, che è un po’ come dire “hamburger vegano”, ma vabbè.

Tenete a mente questo nome, perché sono convinto che ci darà grandi soddisfazioni.
Per il momento, è il primo firmatario, peraltro in buona compagnia tra cui quella del deputato vicentino Erik Pretto, di una proposta di legge che mira a riconoscere un bonus, o meglio una detrazione fiscale del 20%, sulle spese sostenute per la celebrazione di matrimoni e relativi festeggiamenti. Ci sono ovviamente dei paletti, come limiti di ISEE, il fatto che il matrimonio venga celebrato in Italia, tra cittadini Italiani da almeno 10 anni e che sia un matrimonio religioso.
Insomma, un coacervo di illegittimità costituzionali talmente imbarazzanti, da far diramare da Palazzo Chigi una nota così gelida da arrestare temporaneamente il riscaldamento globale “il bonus matrimoni è un’iniziativa parlamentare, non è allo studio del governo. Nell’ambito di un quadro finanziario complesso, l’Esecutivo è al lavoro per sostenere la famiglia con misure concrete e realizzabili, che saranno contenute nella legge di bilancio”.
La povera stella di Domenico Furgiuele prova a giustificarsi “il matrimonio religioso costa di più e  comunque nel dibattito parlamentare la misura verrà allargata a tutti i matrimoni, non solo quelli in chiesa“.
Bontà sua.
Sarà che la prima Finanziaria targata Meloni sa tanto di nozze coi fichi secchi, ma mi sembra che qui si esageri decisamente, specie ripensando ai bei tempi andati, quelli in cui i leghisti duri e puri si sposavano, sì, ma con rito celtico.