Matteo di Pietro: per Salvini e Gasparri l’aggravante di essere… youtuber non giustifica patteggiamento a quattro anni e quattro mesi

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L’Italia, si sa, è un Paese di allenatori e non manca domenica che centinaia di commentatori improvvisati dicano la loro, anche sul caso di Matteo di Pietro, sui canali televisivi e radiofonici di ogni ordine e grandezza, sui blog, vlog, social media e persino su quel che resta della carta stampata. E finché si tratta del calcio, in fondo, va tutto bene. Fa parte del gioco, un gioco miliardario, ma sempre un gioco, e al massimo possono prendersela a male un pugno di allenatori e giocatori (considerando lo stipendio che hanno, farei volentieri a cambio con il più bistrattato di turno).

Va meno bene quando, da allenatori, ci si crede esperti via via di strategia militare, medicina, geopolitica… Da qualche giorno, ci si sente tutti giuristi. Da quando cioè è stato reso noto il patteggiamento di Matteo di Pietro a quattro anni e quattro mesi di reclusione, per  il noto incidente di Casal Palocco, in cui perse la vita un bambino di cinque anni.
Io posso capire la reazione della casalinga di Voghera, che, signora mia “E’ un’indecenza!, non le fanno più le sentenze di una volta“. Capisco meno quando la casalinga di Voghera è il vice premier Salvini (“quanto mai necessaria una riforma della giustizia“, come se al governo ci fossi io e non lui) o il senatore Gasparri, che non perde occasione per berciare di cannabis, soprattutto quando la cannabis non c’entra nulla (Di Pietro non era positivo ad alcol o droghe).
Ma le sciacallate in periodo pre-elettorale in fondo ce le aspettiamo tutti, specie da certi personaggi del mondo della Politica.
Ti aspetteresti invece più professionalità da giornali e giornalisti che, invece, dovrebbero essere seri (altro che le fake news che trovi su internet!).
Da Repubblica al Corriere della Sera, invece questo fatto di cronaca è stato trattato -dal tragico principio fino alla conclusione giudiziaria- con gli stessi criteri di uno scandalo gossipparo, tipo Blasi contro Totti.
Ancora oggi c’è chi scrive che il motivo dell’incidente è stata una sfida (i più arditi scrivono challenge) che avrebbe spinto gli youtuber del gruppo Theborderline a guidare a velocità folle per le strade del centro (“e più correvano più guadagnavano con le visualizzazioni!“), nonostante non vi sia alcuna risultanza processuale di video effettuati al momento, o in concomitanza del sinistro (vedi quello in copertina, ndr).
La verità è che il clamore mediatico della vicenda non è dato dall’entità del patteggiamento (che anzi, è tutt’altro che scandalosa, come vedremo in seguito), né dalla giovane età della vittima, ma dalla professione dei quattro ragazzi protagonisti della vicenda. Degli youtuber. Spacciatori di crack avrebbero fatto meno scalpore.
Ma ogni qualvolta vecchi tromboni ultrasessantenni si trovano a dover spiegare la realtà delle giovani generazioni, a loro più aliene della fisica quantistica, si arriva a livelli di stupidità e di imbarazzo inenarrabili. Non parliamo, poi, di quando questi giovani guadagnano, con la loro attività, più dei vecchi tromboni in questione. L’odio, in quel caso, sale inevitabilmente a livello da “caccia al mostro“, che sarebbe degna di ben altri bersagli. Ferragni docet.
Ve lo dico: se tra quindici anni dovessi ridurmi così, vi prego di abbattermi.
In questa tragica vicenda, in cui -ancora una volta- la compostezza delle vittime è l’unico faro di speranza per l’umanità, non c’è nessuno scandalo. I ragazzi avevano noleggiato una Lamborghini Urus, per creare dei contenuti digitali, nessuna challenge alla fast & furious. E Matteo di Pietro ha semplicemente guidato un’auto troppo potente per lui in modo folle ed irresponsabile, come continua a fare ogni giorno un sacco di gente, che salva la ghirba e non ammazza nessuno solo per un capriccio del destino.
Il sistema penale Italiano è un sistema “premiale” che favorisce chi è incensurato (attenuanti generiche) e chi riconosce le proprie responsabilità (cosiddetto patteggiamento) con importanti sconti di pena. La pena concordata di quattro anni e quattro mesi di reclusione è il risultato di un calcolo (dosimetria della pena) partito dalla massima punizione prevista dalla norma: dieci anni, una pena molto elevata per un reato colposo. E non si vede quale decisione giudiziale o riforma della giustizia avrebbe potuto portare ad un risultato diverso.
Guarda caso, inoltre, non ricordo alcuna polemica  per il patteggiamento dei due datori di lavoro di Luana D’Orazio, giovane mamma di 22 anni tritata da un orditoio privo di misure di sicurezza. Un anno e mezzo e due anni di reclusione in quel caso. Altro che i quattro anni di Di Pietro.
Per non parlare della pena ridicola a cui sarà condannato, per la strage di Viareggio, Mauro Moretti, che invece non ha mai patteggiato, né riconosciuto alcuna responsabilità per uno dei peggiori disastri ferroviari accaduti nel nostro Paese.
Ma è tutta gente che non ha l’aggravante di avere un canale youtube.