C’è un asse ideale e un debito culturale che lega alcuni luoghi dell’Italia, tra cui il Veneto e la Puglia in primis per evidenti motivazioni geografiche e storiche, alla tradizione orientale ortodossa. Ci piace, dunque, segnalare questo interessante testo di un collaboratore della nostra rubrica Agorà. La Filosofia in Piazza, Matteo Losapio, pubblicato nella collana PAIDEIA. Pratiche didattiche e percorsi interculturali di Aracne Editore, diretta da Michele Lucivero, curatore di Agorà, e Michele Di Cintio, Presidente della sezione vicentina della Società Filosofica Italiana.
Dalla Prefazione al testo di Jean Paul Lieggi, docente di cristologia trinitaria presso la Facoltà Teologica Pugliese.
Le diverse tradizioni cristiane sono molteplici e – come ci ricorda la lezione dei Padri del Concilio Vaticano II, consegnataci nel decreto sull’ecumenismo – tale molteplicità è un immenso tesoro. Dovremmo, quindi, imparare dal Vangelo e divenire sempre più come quello scriba che, «divenuto discepolo del Regno, è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52).
Tuttavia, capita di sovente che esponenti di una tradizione ecclesiale conoscano ben poco del patrimonio storico, spirituale e teologico delle altre tradizioni. E questo causa non solo un impoverimento per tutti, ma anche la nascita, a volte, di incomprensioni che, se esasperate, possono condurre – come la storia ci insegna – a dolorose divisioni.
È la sorte che è toccata a Gregorio Palamas (1296-1359). Possiamo senz’altro definirlo uno dei maggiori autori dell’Oriente Cristiano, ma in Occidente è quasi sconosciuto. Come d’altronde di difficile comprensione risulta, per i teologi della tradizione occidentale, una delle dottrine che devono a lui la sua formulazione e che hanno caratterizzato lungo i secoli la riflessione teologica orientale, quella della distinzione in Dio tra essenza ed energie, di cui il lettore potrà ritrovare in queste pagine una chiara e puntuale illustrazione.
Non può che essere prezioso e fecondo, quindi, il tentativo di accostarsi a Gregorio Palamas e alla sua spiritualità e al suo pensiero.
A tutto ciò si aggiunga la profonda attualità che riveste un aspetto peculiare della sua riflessione, in quanto egli ha profondamente vissuto, mettendosi in questo alla scuola dei Padri, il primato che, nella riflessione teologica, deve essere opportunamente assegnato all’esperienza di Dio.
Il pregio del lavoro di Matteo Losapio, che qui sono lieto di presentare, è quello di riuscire ad offrire una “creativa” introduzione alla vita e al pensiero di Palamas, che è capace di farne cogliere gli elementi essenziali e che mostra efficacemente il ruolo decisivo che questo autore riveste nella tradizione teologica bizantina.
Tutto ciò è stato reso possibile dalla “frequentazione” che Matteo ha intrattenuto con Palamas, grazie alla consultazione attenta ed intelligente della sua vasta produzione letteraria e allo studio di tanti studi a lui dedicati, come mostra la ricca bibliografia che chiude questo volume.
Al riguardo di questa creativa presentazione è da lodare, infatti, la scelta di presentare l’autore studiato, le sue opere e la sua riflessione teologica (nel primo capitolo) con un’originale ed intelligente architettura, che è stata strutturata attorno a tre “luoghi” particolari, espressione emblematica della vita e del ministero di Gregorio.
I tre luoghi sono rispettivamente: Bisanzio, luogo delle dispute teologiche a cui Gregorio prende parte offrendo il suo determinante contributo; il monte Athos, luogo dell’esperienza monastica e della spiritualità esicasta in particolare; Tessalonica, luogo del suo ministero episcopale, che conosce una emblematica espressione nell’attività omiletica.
Negli altri due capitoli, si lascia spazio ad un’altra “metafora” spaziale, quella del crocevia. Infatti, per cogliere la ricchezza di questo autore, risulta di particolare importanza ed efficacia mostrare come nei testi e nel pensiero di Gregorio confluiscano tante strade che hanno segnato il percorso della vita di fede e della riflessione su di essa nei primi secoli del cristianesimo (secondo capitolo) e tante altre ne siano nate, attingendo – per l’appunto – alla sua ricchezza teologica e spirituale.
Mi limito a segnalare che l’attenzione di Matteo Losapio si è concentrata, per quanto riguarda gli autori di cui Palamas è debitore, su Dionigi l’Areopagita, Massimo il Confessore, Simeone il Nuovo Teologo, Gregorio Sinaita.
Successivamente, come Palamas ha abbondantemente e creativamente attinto dal tesoro di questa ricca tradizione patristica e monastica, così importanti esponenti della teologia moderna e contemporanea hanno poi – a loro volta – attinto dal tesoro della sua ampia produzione spirituale, teologica e pastorale. È proprio per questo che nel terzo capitolo ci si sofferma a considerare la rilettura che di Palamas è stata offerta da alcuni teologi ortodossi russi (e le ragioni di questa scelta peculiare saranno ampiamente svelate sia nell’introduzione generale, che porta il significativo titolo di “una teologia d’incrocio”, sia nell’ultimo paragrafo del primo capitolo), con uno sguardo particolareggiato, dopo un cenno a Serafino di Sarov e Vladimir Solov’ëv (nel preambolo del terzo capitolo), al peculiare pensiero di Pavel Florenskij, Sergej Bulgakov, Vladimir Losskij e Pavel Evdokimov.
Con una bisaccia così ricca di tante sollecitazioni e prospettive, di cui dobbiamo essere grati a Matteo Losapio, non mi resta che augurare al lettore … buon cammino!
Matteo Losapio, Gregorio Palamas. Crocevia d’Oriente, Aracne, Canterano (RM) 2020.