Militari della Guardia di Finanza dei Comandi Provinciali di Pisa e Napoli hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli, volto alla confisca di oltre 127 milioni di euro, proventi di una maxi frode fiscale. Il provvedimento, che interessa 51 società e 54 persone fisiche, si inserisce in un’indagine avviata nel 2020 e condotta dalla Sezione III Criminalità Economica del Tribunale di Napoli.
L’inchiesta, portata avanti dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pisa, ha smascherato un complesso sistema di frode fiscale basato sulla creazione di società cartiere, ovvero entità fittizie utilizzate per emettere fatture per operazioni inesistenti. Queste società, localizzate principalmente in Campania, hanno collaborato con imprese situate in diverse regioni italiane, tra cui Toscana, Marche, Campania e Veneto. Proprio in Veneto, alcune operazioni sospette, sarebbero avvenuta nella provincia di Vicenza e per le quali sono in corso ulteriori approfondimenti investigativi da parte delle autorità.
Tra il 2019 e il 2021, il sistema ha garantito un risparmio illecito di imposte per oltre 46 milioni di euro. Inoltre, fino al 2024, sono stati rilevati casi di riciclaggio e autoriciclaggio per un totale di 81 milioni di euro. I principali indagati facevano confluire i profitti illeciti su conti bancari in Cina, Albania e Croazia, utilizzando circuiti internazionali per ostacolare la tracciabilità delle operazioni.
Le società cartiere emettevano fatture false per transazioni mai avvenute, coinvolgendo clienti compiacenti appartenenti a diversi settori economici, tra cui pelletteria e calzature. Una volta ricevuti i pagamenti, i fondi venivano trasferiti tramite bonifici bancari multipli tra conti intestati a società del gruppo. I flussi di denaro venivano poi inviati all’estero e rientravano in Italia in forma di contanti attraverso prestanome e intermediari di origine cinese.
Il sistema si avvaleva del supporto di professionisti e consulenti per nascondere le tracce finanziarie e rendere difficoltosa la ricostruzione dei passaggi di denaro. Quando le banche hanno iniziato a segnalare operazioni sospette, il gruppo ha modificato il metodo di riciclaggio, spostando le somme attraverso società estere in Albania e Croazia, prima di trasferirle in Cina.
L’esecuzione dei sequestri, che ha coinvolto oltre 200 finanzieri, è stata accompagnata da perquisizioni personali e domiciliari. Sono stati confiscati beni mobili e immobili, oltre a interi complessi aziendali.