Il Veneto che chiede a gran voce l’autonomia bussa alle porte della Romania per reclutare giovani medici da strutturare negli ospedali sempre più in carenza di organico. Aveva fatto scalpore il caso di Giampiero Giron, 85 anni, anestesista costretto nonostante l’età a calcare la sala operatoria di Villa Salus a Mestre. E aveva stupito la visita dei vertici regionali della sanità veneta a Lubiana, a caccia di neolaureati e neospecializzati. Ora è l’Usl 2 di Treviso a varcare i confini nazionali nella speranza di tappare qualche buco. Sono in corso trattative per strappare dieci medici specializzandi in servizio all’ospedale di Timisoara.
«Gestisco sei ospedali e mi mancano 12 ginecologi e 17 anestesisti. Spero tanto che questa operazione vada in porto» ammette Francesco Benazzi, direttore generale dell’azienda sanitaria trevigiana. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia non può che spalancare le braccia e abbozzare: «È una sconfitta, comunque un segno dei tempi». Il meccanismo va spiegato, perché ciò che molti si chiedono è come sia possibile una situazione del genere quando la facoltà di Medicina continua a essere a numero chiuso.
«Non è un problema di iscritti ma di accesso alle specialità. I laureati ci bastano, sono gli specialisti che mancano» ammette Benazzi che su quei numeri si sta arrovellando da mesi.«L’Università di Padova sforna 30 specialisti ogni anno in Ginecologia ma per il Veneto ne servirebbero il triplo. In questi anni è mancata la programmazione e ora siamo costretti a guardare fuori per risolvere i problemi. Le liste d’attesa si allungano, gli utenti si lamentano ma senza medici come si fa?».
Il deficit negli ospedali veneti ammonta a circa 1300 tra medici e chirurghi. La stima risale a dicembre scorso ed è stata formalizzata dal direttore della sanità del Veneto, Domenico Mantoan, che l’ha trasmessa alministero della Salute.
L’associazione dei medici Anaao-Assomed ha stilato anche una graduatoria delle specialità in cui si riscontra la maggiore sofferenza. Al vertice ci sono i pediatri (-227), seguiti dai medici di urgenza/emergenza (-184), gli internisti (-92), i radiodiagnostici (-67), l’ortopedia-traumatologia (-33), gli anestesisti (-32), la psichiatria (-31) e l’oftalmologia (-30). Il problema è che l’offerta di specializzati risulta nettamente inferiore alla domanda, soprattutto in queste discipline.
Così i bandi delle Usl vanno a vuoto, con un numero di candidati largamente inferiore ai posti in concorso. Per ingaggiare i medici romeni bisognerà mettere d’accordo tutti i soggetti in campo, che sono l’Usl trevigiana, la Regione Veneto, l’Università di Padova e quella di Timisoara. «Si tratta di assumere camici bianchi dalla Romania e fargli fare l’ultimo anno di specialità a Padova, per poi stabilizzarli nelle nostre strutture» spiega Benazzi.
«Ma per fare questo è indispensabile il benestare dell’ateneo padovano, in quella che si configura come una rete di formazione allargata». Tra questi dieci specializzandi alcuni sono romeni ma conoscono perfettamente la lingua italiana, altri sono studenti italiani che hanno scelto di fare la specialità in Romania. La stessa strada intrapresa dal manager dell’Usl trevigiana è stata scelta anche dal collega di Foggia Vito Piazzolla, che qualche settimana fa aveva lanciato l’allarme per la mancanza di 135 professionisti tra anestesisti rianimatori, pediatri, ortopedici e medici del pronto soccorso.
di Enrico Ferro, da la Repubblica del 21 aprile 2019