La carenza dei medici di famiglia continua a tenere desta l’attenzione delle forze politiche in Veneto, come nel caso del Partito democratico che interviene nuovamente sulla questione con un focus particolareggiato sulla provincia di Verona.
“Le due equipe che l’Ulss 9 mette in campo per tamponare la falla gigantesca determinata dalle carenze e dai pensionamenti dei medici di famiglia, rappresentano una soluzione-tampone che seppur dettata da buona volontà non può costituire la soluzione ad un problema dalla crescita esponenziale”.
Il commento è della consigliera regionale ed esponente scaligera del Pd Veneto, Anna Maria Bigon. La vicepresidente della commissione regionale sociosanitaria ricorda i dati emersi dalla recente ricerca realizzata dal gruppo consiliare del Partito Democratico sui medici di famiglia in Veneto e si sofferma in particolare su quelli riguardanti la provincia di Verona.
“Va innanzitutto detto che quello veronese è il territorio che conta in assoluto il maggior numero di aree carenti rispetto alle altre province: 142, pari al 24,2% del totale regionale. Ma non solo: il numero totale dei medici di medicina generale che andranno in pensione in Veneto da qui al 2035 è di 1.921, di cui ben 352 in provincia di Verona. Praticamente, oltre il 60% dei medici attualmente in servizio.
Di fronte a questo scenario, che vivrà tra il 2023 e il 2024 il picco di pensionamenti, è evidente che non ci si può limitare a mettere i sacchi di sabbia. Bisogna intervenire a monte ed è la Regione – conclude Bigon – che deve mettersi in prima fila in questo lavoro. Eppure, nella sessione di bilancio che si è appena conclusa, la Giunta ha mostrato di non sentir ragione: ad esempio, la nostra proposta di destinare 10 milioni per il supporto amministrativo dei medici di famiglia, in modo da scaricarli dalle incombenze amministrative, è stata rigettata al mittente. Con una miopia molto preoccupante sia per il presente che in prospettiva”.