Sono sempre di più le aziende agricole nel Vicentino che decidono di investire sul melograno, una delle colture emergenti che stanno vivendo un vero e proprio boom sulla spinta di un mercato che chiede prodotti per un consumatore sempre più attento alle diete e alla salute.
Solo nel Basso Vicentino si contano cinque produttori, che stanno cercando di diversificare l’attività aziendale puntando su un frutto fino a qualche anno dimenticato e ora ambito anche dalla grande distribuzione. Tra loro c’è il giovane Elia Negretto, 30 anni, di Albettone, che ha deciso di lasciare gli studi di ingegneria per seguire le orme del padre Michele, già presidente di Confagricoltura Vicenza e oggi vicepresidente regionale dell’organizzazione agricola, titolare di un’azienda agricola nel settore dei seminativi.
“Vivendo in azienda ho capito che la mia passione erano i campi – spiega -, però ho deciso di puntare su colture nuove, così come su sistemi di lavorazione e irrigazione innovativi. Una strada obbligata, dato che i seminativi sono in crisi e per sopravvivere occorre sempre di più diversificare la produzione. Volevo piantare il bambù gigante, ma poi mi sono imbattuto nei melograni, una pianta meravigliosa che può arrivare a produrre 250 quintali di frutti all’ettaro ed è ben remunerata: 1,5 euro al chilogrammo. Io ho puntato su alcune varietà rifiorenti, come la Wonderful e la Akko, che hanno tre rifioriture e quindi sono molto produttive, su un ettaro di terreno. Però finora non ho avuto molta fortuna, perché l’anno scorso la primavera molto piovosa e quest’anno le gelate hanno dimezzato la produzione”.
Quella di piantare melograni è una sfida che Negretto ha deciso di vincere, nonostante le condizioni svantaggiose. “Il melograno ama il clima del Sud, con un caldo più asciutto, mentre teme l’umidità che è propria dei nostri territori padani, che favorisce funghi, muffe e il cancro del melograno. Perciò, con il tecnico, sto studiando il modo di riprodurre il clima del Sud con particolari teli antipioggia, che riparano le piante e favoriscono un microclima ideale. Inoltre lavoro il terreno con una speciale pacciamatura e uso l’irrigazione a goccia, in modo che non ci siano ristagni d’acqua. Con le piante così trattate sto ottenendo ottimi risultati. Quest’anno venderemo il prodotto tramite una cooperativa. La grande distribuzione preferisce, infatti, i melograni israeliani, nonostante siano di qualità inferiore, perché hanno prezzi più vantaggiosi. Come accade anche negli altri settori, i nostri costi di produzione sono più alti rispetto gli altri Paesi, a cominciare da quelli per la manodopera”.
Negretto, tra i progetti futuri, ha quello di fare succhi al cento per cento di melograno (“senza acqua, conservanti e zucchero”), utilizzando successivamente gli scarti per usi diversi: “La buccia può essere utilizzata per realizzare pannelli fonoassorbenti. Sto progettando un macchinario, ma per ora i costi sono troppo alti”.