Meloni nella tana del lupo mentre Trump sfiga giudici, Fed e Harvard

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di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Giorgia Meloni ha lasciato la Casa Bianca dopo il suo primo incontro ufficiale con Donald Trump. “Un confronto leale e costruttivo”, ha scritto in un post social da Washington. Ma quell’incontro è avvenuto mentre, intorno, la democrazia americana mostrava le sue crepe più profonde. Meloni è venuta a trattare su dazi e NATO. Ma si è trovata nel mezzo di un vero assedio istituzionale: la Casa Bianca è sotto attacco giudiziario, sfida apertamente la Federal Reserve, minaccia Harvard, simbolo dell’accademia mondiale, e viene pure denunciata dallo Stato economicamente più potente d’America: la California.

Due giudici federali, a Washington e in Maryland, hanno accusato Trump e i suoi consiglieri di aver ignorato ordini vincolanti sulla deportazione illegale di migranti. Uno di loro, Kilmar Abrego Garcia, è stato espulso in El Salvador nonostante un ordine diretto della Corte. Abrego Garcia è detenuto da oltre un mese in un carcere di massima sicurezza senza una sola prova, né accuse formali né accesso legale. Il senatore democratico del Maryland, Chris Van Hollen, è andato fin lì per vederlo. Ma a meno di due chilometri dal carcere era stato fermato da un checkpoint militare e costretto a tornare indietro. Poi dopo diverse ore e’ riuscito a vederlo ma non nella prigione ma in un albergo, e ha postato una foto con lui nei social.

Il giudice James Boasberg ha aperto un’indagine formale per contempt of court – oltraggio alla corte – contro funzionari dell’amministrazione, affermando che ci sono “motivi fondati per un’azione penale”. E il giudice J. Harvie Wilkinson III, nominato da Reagan, ha scritto: “I rami del governo rischiano di entrare in collisione irreversibile. È una perdita per tutti.” Nel frattempo, Trump ha lanciato un attacco frontale contro Jerome Powell, presidente della Federal Reserve. Lo accusa di sabotare la crescita per danneggiarlo politicamente. Powell, nominato da Trump nel primo mandato, difende l’indipendenza della banca centrale. Ma ora il presidente vuole rimuoverlo. È uno scontro pericoloso, perché mina la credibilità della Fed e mette a rischio la stabilità finanziaria americana. Wall Street osserva con il fiato sospeso.

Poi c’è la guerra alle università. In particolare, Harvard. La Casa Bianca ha minacciato di revocarne lo status fiscale e bloccare i visti per gli studenti stranieri, se l’ateneo non consegna i dati sugli studenti coinvolti in “attività sospette”. Ma Harvard ha risposto con fermezza. Il presidente dell’università Alan Garner ha dichiarato: “Harvard non si piegherà a pressioni politiche. Non rinunceremo mai alla nostra indipendenza né ai nostri diritti costituzionali”. E ha aggiunto: “Questo è un attacco alla libertà accademica. Ma Harvard resisterà”. Nel frattempo, migliaia di studenti stranieri temono di vedere i loro visti revocati, mentre l’ICE ha già arrestato manifestanti pro-Palestina in vari campus americani. Intanto, la Corte Suprema ha deciso di discutere l’ordine esecutivo con cui Trump vuole abolire la cittadinanza automatica per i figli di migranti nati negli USA. Un’idea finora ritenuta fuori da ogni base costituzionale, ma che i supremi giudici hanno deciso di dibattere a maggio.

Come se non bastasse, ora anche la California ha dichiarato guerra a Trump. Il governatore Gavin Newsom ha portato la Casa Bianca in tribunale, accusando il presidente di violare la Costituzione imponendo dazi senza l’autorizzazione del Congresso. Newsom ha ricordato un fatto che pesa come un macigno: “La California è la quinta economia del mondo. Non resteremo a guardare mentre la legge viene calpestata”. Dietro questa causa c’è il tentativo di bloccare l’arma dei dazi, che Trump ha usato contro alleati e rivali senza distinzione. Se i giudici daranno ragione alla California, il potere presidenziale sul commercio potrebbe essere riscritto. In mezzo a questo caos, Giorgia Meloni è entrata alla Casa Bianca. Ha mantenuto il sangue freddo, si è concentrata su dossier concreti, ha difeso l’industria italiana. Ma anche lei, lì nell’Ufficio Ovale, sembrava percepire l’aria pesante, quella che precede uno scontro epocale.

Trump ha promesso un accordo “al cento per cento” con l’Europa entro 90 giorni. Ma oggi non c’era nulla da firmare. Solo dichiarazioni, strette di mano, e un invito accettato: Trump andrà presto in visita a Roma. Ma fuori dalle stanze del potere, le parole più emblematiche e forti le ha dette Lisa Murkowski, senatrice repubblicana dell’Alaska. Durante un incontro con i suoi elettori, alla domanda se avesse paura, ha risposto: “Siamo tutti spaventati. E anch’io, a volte, ho paura di usare la mia voce. Perché la ritorsione è reale”. Già, che tipo di potere “terrorizzante” sta crescendo negli Stati Uniti? Intanto, la sinistra democratica si prepara. La deputata del Bronx e Queens Alexandria Ocasio-Cortez vola nei sondaggi, raccoglie fondi record accanto al senatore Bernie Sanders nei suoi comizi anti-oligarchia e oggi è vista come probabile candidata alla presidenza nel 2028. AOC è giovane, spavalda e soprattutto con la sua agilità sui social potrebbe imporsi come l’alternativa radicale a Trump.

Meloni si è ritrovata nella tana del lupo, ma se l’è cavata. Proprio quando la giustizia americana, la Fed, Harvard, la Corte Suprema e la California sembrano tutti pronti alla resa dei conti con l’uomo più potente del mondo.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).