Mentre Movimento No Pfas e Miteni si confrontano l’attenzione va posta anche sull’importazione di Pfas in Italia

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Cittadini, comitati e associazioni del Movimento No Pfas tornano oggi sulla manifestazione del 22 aprile DifendiAmo Madre Terra rispondendo alla presa di posizione dello stesso giorno della Miteni in cui l’azienda di Trissino sostiene fondamentalmente che “chiudere l’azienda sarebbe un danno” perchè “le acque che escono sono più pulite di quelle che entrano“.  «Quella del 22 aprile – replica il Movimento No Pfas – non è stata solo una manifestazione simbolica, bensì la denuncia di un crimine ambientale che la popolazione delle terre contaminate da PFAS in Veneto sta subendo tuttora».

«Un crimine ambientale – continua il Movimento – che persiste da più di 40 anni, dapprima con gli scarichi dell’azienda stessa e ancora oggii con il rilascio di contaminanti presenti nel sottosuolo del sito produttivo di Miteni. A ciò si aggiunge un neo crimine ambientale, derivante dalla produzione di PFAS di nuova generazione, ovvero i composti a 4 atomi di carbonio, tuttora prodotti dall’azienda stessa. Come asserito da più fonti Istituzionali, una realtà chimica come Miteni non può continuare a produrre in un sito ubicato sopra alla zona di ricarica delle acque di falda, pertanto è necessario rimuovere la fonte di inquinamento. Inoltre, riteniamo che ad oggi non venga applicato il principio di precauzione, in quanto una popolazione così altamente contaminata non può più assumere nessun nanogrammo di PFAS, sia a catena lunga che a catena corta. Come confermano i dati più recenti diffusi dalla Regione Veneto, la contaminazione della popolazione avviene anche per via alimentare, pertanto riteniamo che le Istituzioni preposte debbano fornire dati credibili anche sulla contaminazione degli alimenti allargando le aree di analisi oltre la “zona rossa”».

Se Miteni e Movimento No Pfas esprimono comprensibilemnte posizioni nettamente contrastanti quello che ad oggi non è chiaro, e abbiamo posto la domanda ai rappresentanti del Movimento, è perchè sensibilizzare giustamente, a parte il grave passato che si intreccia anche con quello relativo a Ricerche Marzotto (RiMar) e Enichem, su un’immissione di Pfas da parti di Miteni che oggi sarebbe certificata da Arica all’1% del totale e non su chi genera quell’altro 99%.

Nell’attesa di avere una risposta su questo tema abbiamo sentito anche l’azienda sul problema sollevato nella nota in premessa da chi è preoccupato per la salute propria e dei propri figli dalle nuove molecole Pfas C4: «Riguardo ai Pfas C4 – ci ha risposto –, basta ricordare che il tribunale Superiore delle acque ha indicato queste sostanze come la soluzione per sostituire i C8 che vengono ampiamente utilizzati sul territorio ancora oggi e che Miteni non produce più dal 2011».

Non nascondiamo che ogni pronunciamento terzo, quello dell’Arica è l’ultimo, ci conforta perchè, nella complessità scientifica del problema e nella scarsa letteratura consolidata esistente, pensiamo, speriamo?, che non sia inquinato da visioni parziali per quanto importanti di chi (lungi da noi e da tutti i politici che speculano sulla vicenda) si sofferma sul bene primario della salute e di chi, affermando di fare almeno altrettanto, segue anche logiche di impresa.

E se ci preoccupano gli “esposti” ai Pfas, per quello che ne sappiamo tantissimi, se non tutti, e non solo quelli che vivono in aree inquinate perchè quelle molecole, nelle loro varie formulazioni, hanno utilizzi diffusissimi dall’abbigliamento alla sanità, non riusciamo a dar torto alla Miteni quando sostiene che “se l’azienda si ferma l’inquinamento aumenta non diminuisce. L’attività dello stabilimento sta oggi depurando la falda, non la sta inquinando perché aspira l’acqua di falda e la pulisce. Miteni è pronta a fare la bonifica da domani ma non la può fare fino a quando non è finita la caratterizzazione del terreno. Se lo stabilimento fosse fermo la caratterizzazione andrebbe terminata ugualmente e l’unica cosa che cambierebbe sarebbero i costi che invece di sostenerli questa Miteni, che non è quella che ha inquinato i terreni, li pagherebbero i cittadini». 

E allora noi spingeremo sempre di più perchè enti terzi tecnici ma dello Stato non giochino con dati e numeri perchè pagherebbero tutti, cittadini, azienda e lavoratori: le regole, le più giuste e ferme, vengano fissate per tutti, non solo per chi produce Pfas in Italia ma anche per chi, la gran parte se è vero, come è vero, il rapporto 1 a 99 fissato da Arica, li utilizza e li immette nell’ambiente importandoli. 

In questa ottica condividiamo l’invito di Miteni che, dopo aver sostenuto di aver più volte invitato i “comitati” in stabilimento per vedere e capire, dice: «in alternativa possono farselo spiegare dai tecnici delle istituzioni che stanno lavorando con impegno per risolvere il problema».