Menù “politico” da Al Cion di Fara, Alboresi e Langella con iscritti a simpatizzanti PCI: unità sinistre, lavoro e tempo libero anche per informarsi

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Proviamo a far immaginare anche a voi, pur senza essere stati tra i tanti “compagni” che c’erano, l’atmosfera di ieri, domenica, al “pranzo con iscritti e simpatizzanti” del Pci (Partito Comunista Italiano) con tanto di sana e pulita raccolta fondi.

A un menù, alla prova dei fatti rivelatosi succulento (tagliolini in brodo con fegatini, spiedo di carni miste (maiale, allodole e tordi), contorni con fagioli, verdure di campo e patatine fritte, sorbetto con prosecco e arancia, dolci vari, acqua, poca, vino, molto, grappe e liquori vari indispensabili a fine rimpinzata e caffè d’obbligo per darsi una svegliata), aggiungete una sana atmosfera da agriturismo come quella di Al Ciòn a Fara Vicentino e, dulcis in fundo tanto per rimanere in  tema gastronomico, tante chiacchiere di varia umanità e di sana politica di un tempo che fu, ora annegato nei finti e fatui “civismi” di moda, così come l’assenza di progetti.

Le sensazioni non si possono rivivere, ma io c’ero, da giornalista di campagna o da vecchio liberale, in senso molto lato, e, quindi, simpatizzante delle belle dispute di un tempo smarrito ora in un mare di banalità, piatto e desolante, in cui anche le benvenute Sardine appaiono come splendidi e ricercati cetacei del pensiero politico.

Io, dicevo, che c’ero, ripropongo, quindi, ai presenti, perché ne diffondano il senso di speranza che deve sostituire il ricordo fine a se stesso, e propongo agli assenti, perché li vedano, li ascoltino, li condividano o li contestino, ne facciano, insomma qualcosa, i pochi ma intensi minuti dell’intervento di Mauro Alboresi, segretario nazionale del PCI, introdotto brevemente ma con la solita passione da Giorgio Langella, segretario regionale del partito.

La ricerca di una ritrovata unità a sinistra, “passati, anche se rimangono nella cultura storica, i tempi di Trotsky, Lenin, dell’irrealizzato socialismo comunista e di quanto finora ci ha diviso nelle premesse ideologiche anche se non negli obiettivi, il diritto a un buon lavoro in primis“, è la missione che si sono dati i nuovi vertici del Pci.

Ce lo ha ribadito Alboresi anche nella chiacchierata che abbiamo avuto con lui a margine del pranzo con menù gastronomico – politico quando ha aggiunto che “questo obiettivo, l’unità, potrà realizzarsi solo se partirà dalla base perché la difesa delle ‘rendite di posizione’ dei leader degli attuali gruppi non faciliterà il percorso“.

Al tema della necessità dell’unione (o unitarietà di azione) a sinistra – sinistra, per la quale lo spostamento a centro e a destra – destra della politica attuale ha lasciato ampie prateria, aggiunge una considerazione “rivoluzionaria” Giorgio Langella: “dobbiamo lottare per un lavoro giusto e buono, ma in cui buono e giusto non si misurino solo con la retribuzione e la sicurezza ma anche trasformando la riduzione dei tempi di lavorazione dei prodotti non in un maggior profitto (noi, liberali, aggiungiamo “solo”, ma se ne può discutere…) dell’azienda ma in recupero di tempo libero per i lavoratori. Quel tempo servirà a vivere meglio prendendosi cura anche della propria cultura e conoscenza, due valori da sempre combattuti dal Capitale…“.

Questo tema, cari lettori, sapete che ci sta particormanente a cuore, per lo meno per la parte della cultura e della conoscenza che riguarda l’indipendenza dell’informazione, oggi, ci conferma Alboresi, “sempre più asservita agli interessi paralleli di editori non puri che, tra l’altro, con le basse retribuzioni assimilano sempre di più i giornalisti ai raccoglitori di pomodori sfruttati nei campi a pochi euro l’ora…“.

O a pezzo, diremmo noi sul caporalato nella stampa, anche e moltissimo dalle nostre parti

L’Inpgi e il sindacato giornalisti dovrebbero saperlo ma…