Nell’attuale panorama dei mercati finanziari, le aziende statunitensi sono protagoniste assolute, ma i segnali di instabilità si fanno più presenti tra buyback record, vendite degli insider e debolezza del mercato USA: vediamo il significato di questi fattori.
Secondo un’analisi di Bank of America, i maggiori acquirenti sul mercato USA sono le stesse aziende che implementano massicci programmi di buyback (riacquisto di azioni proprie). I dati evidenziano come il segmento corporate domini il volume degli acquisti, ben al di sopra di hedge funds e investitori istituzionali. Tuttavia, questa apparente forza cela fragilità: come un’armatura splendente che copre crepe profonde, il mercato appare sostenuto artificialmente da operazioni interne più che dalla fiducia esterna.
Mercato USA debole nonostante il buyback record?
Un altro dato degno di nota proviene dallo Standard & Poor’s (S&P) 500, spesso considerato il barometro della salute economica statunitense. Negli ultimi 9 giorni consecutivi (al 13/12/2024), più titoli hanno chiuso in ribasso rispetto a quelli in rialzo nonostante l’indice abbia chiuso positivamente in 5 giornate su 9. Un simile evento non si verificava da 26 anni. È come assistere a una partita in cui la squadra vince, ma 9 giocatori su 11 sono rimasti in panchina. L’indebolimento sottostante segnala forse un mercato più fragile di quanto sembri?
Questo fenomeno rappresenta un’anomalia storica. A conferma di ciò, l’indice Advance-Decline Line (indicatore tecnico che mostra la differenza tra il numero di azioni che aumentano e che calano su base giornaliera), sta mostrando segnali di debolezza diffusa, suggerendo che la positività dell’indice sia trainata solo da pochi titoli ad alta capitalizzazione.
Vendite degli insider: record tra i dirigenti
L’altro fattore rilevante proviene dal comportamento degli insider aziendali. Secondo dati del Financial Times, i dirigenti aziendali stanno vendendo azioni proprie a un ritmo record. Il rapporto tra venditori e acquirenti ha toccato quota 6 ad 1, il più alto degli ultimi anni. Se chi conosce meglio le sorti di un’azienda decide di “scendere dalla nave” potrebbe non trattarsi di una semplice strategia di diversificazione patrimoniale.
Questa tendenza richiama la lezione storica della Grande Depressione del 1929, quando alcuni dei primi segnali arrivarono proprio dai movimenti di vendita degli insider. Oggi, con i mercati ai massimi storici e valutazioni che molti considerano eccessive, è legittimo chiedersi: queste vendite preannuncino un’eventuale correzione dei listini?
Mercato USA: segnali da non ignorare
I tre fattori chiave – il predominio dei buyback aziendali, le anomalie nell’S&P 500 e le vendite record degli insider – suggeriscono che il mercato azionario statunitense si trova in una fase di apparente stabilità, ma con crepe nascoste. I buyback rappresentano uno strumento potente, in grado di sostenere artificialmente le quotazioni delle azioni, ma non sono una panacea: se la crescita economica sottostante non supporta questi movimenti, l’euforia potrebbe trasformarsi in delusione come anticipato nell’articolo su “l’equity risk premium”.
In un contesto in cui i tassi d’interesse potrebbero scendere meno velocemente del previsto, anche se oggi la FED ha tagliato di 25 punti base il costo del denato, e le tensioni geopolitiche non danno tregua, la volatilità potrebbe tornare a dominare i mercati. Come un’orchestra che suona splendidamente mentre il pavimento scricchiola, l’economia finanziaria americana sembra solida, ma l’insieme di questi dati richiede decisamente attenzione andando a valutare attentamente l’esposizione diretta all’azionario che si ha in portafoglio.