“Il secolo della Giustizia: una promessa da concretizzare”. Quarto e Mauriello (Meritocrazia Italia): ci vogliono coraggio e programmazione

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Il 26 marzo 2022, a Roma, si è tenuto il convegno “Il secolo della giustizia: una promessa da concretizzare” organizzato dall’associazione Meritocrazia Italia (alias L’Italia che Merita) di cui abbiamo riferito in diretta grazie al nostro direttore e con una sintesi ragionata dei contenuti grazie all’avvocato Fulvio Cavallari.

Oggi approfondiamo gli interventi del Presidente di C.R.E.A. – Scuola Politica MI Alfonso Quarto e del Presidente nazionale di Meritocrazia Italia Walter Mauriello integralmente riportati nel video in copertina in cui spiccano anche gli arguti e spesso “sdrammatizzanti” sipari del moderatore, Attilio Romita, la sua lode per la “passione e competenza” che caratterizzano i vertici dell’associazione ma anche, da noto giornalista qual è con un prestigioso curriculum in Rai, l’invito finale a non imbavagliare la stampa, sia pure a volte troppo invasiva, con le nuove, paventate norme volte a “silenziare” i Pm.

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Presidente nazionale di Meritocrazia Italia Walter Mauriello, moderatore Romita e Presidente C.R.E.A. – Scuola Politica MI – Alfonso Quarto
Alfonso Quarto, Presidente di C.R.E.A. – Scuola Politica MI: la prigione del processo

Prendendo le mosse dall’intervento della senatrice Rossomando secondo la quale “la ragionevole durata è il presupposto dello stato di diritto” Alfonso Quarto ha iniziato il suo intervento menzionando una sentenza di condanna da lui appellata nel 2012 di cui ha ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza per aprile 2022.

Questo caso, ha spiegato Quarto, è stato l’incipit di una sua riflessione sull’obbligatorietà dell’azione penale e sull’ergastolo processuale di chi ha la sventura di essere imputato e rimanere imprigionato nel processo.

Infatti, ha chiarito l’avvocato, “se quella era una sentenza di condanna e l’appello doveva ribaltare quella sentenza verosimilmente quella sete di giustizia è stata mortificata”. Per il presidente di C.R.E.A. di Meritocrazia Italia, in sostanza, nelle lungaggini processuali si perde il senso di tutti i discorsi intorno alla funzione della pena.

Una luce di cambiamento per Quarto però c’è: “se fino a qualche stagione fa il diritto penale era la maggiore interpretazione del populismo giudiziario, era il terreno del consenso e veniva agitato per determinate riforme (es. decreto sicurezza, codice rosso…) con la riforma Cartabia si comincia a parlare di reale ed effettiva presunzione di innocenza, di attuazione di una direttiva”. In breve quindi il diritto penale non è più diritto penale del nemico, ma sta tornando ad essere “magna carta del reo”.

Ecco che il tema, per l’avvocato penalista, è riconquistare una reale collaborazione tra tutti gli operatori della giustizia e in particolare tra magistratura e avvocatura. L’alleanza servirà a regolamentare anche il processo mediatico in quanto “se il processo è funzionale ad accertare una verità (se il soggetto ha commesso o meno un fatto), il processo mediatico, senza contraddittorio, è quello che dà una sentenza, la gogna mediatica, che è sofferenza che nessuna assoluzione può cancellare”.

Quarto: (In)giustizia mediatica

Per Quarto lodi quindi al Parlamento che ha recepito la direttiva della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) sulla presunzione di innocenza iniziando così a regolamentare il rapporto tra procure e media vietando la spettacolarizzazione ai pubblici ministeri.

I processi paralleli sono quindi due, ma sono profondamente diversi: se il processo mediatico è una patologia senza regole e con testimoni spesso “falsi”, che si alimenta di suggestioni, sospetti, pettegolezzi, il processo reale è fatto di regole e garanzie. Da qui l’appello anche verso l’introduzione di sanzioni riguardanti le modalità attraverso le quali raccontare i casi perché “i cittadini potrebbero essersi talmente convinti della colpevolezza di un imputato da mettere in crisi la legittimazione del giudice e del processo che arriva tardi e non ha le regole del processo mediatico”.

Walter Mauriello Presidente nazionale di Meritocrazia Italia: la “Giustizia”

Nell’intervento finale, come al solito puntuale. e”puntiglioso”, del Presidente di Meritocrazia Italia, l’avv. Walter Mauriello, si ritrovano, ovviamente, la sintesi, il commento, gli auspici programmatici e la conclusione dei lavori.

Mauriello ha esordito affermando che “la giustizia passa attraverso l’organizzazione del CSM. Meritocrazia pensa che sia necessario trovare una soluzione alla luce del fatto che l’unica certezza è che il CSM ha fallito, soprattutto nell’autogoverno”.

Per il presidente di MI “il magistrato deve compiere l’attività giurisdizionale vinta tramite concorso, non deve crearsi situazioni di politica ma deve fare associazionismo. Il problema infatti non è l’associazionismo bensì il correntismo, quando l’effetto positivo dell’associazionismo si tramuta nel correntismo va a discapito dei magistrati di qualità”.

Sul principio di giurisdizione unica il presidente Mauriello ha incalzato: “è mai possibile che un cittadino, che si rivolge a un avvocato, debba indovinare il giudice naturale? In quale Stato esiste un cittadino che insegue il giudice naturale?”.

Il secolo della Giustizia, una promessa da concretizzare: la foto di gruppo di parte dei presenti a Roma di Meritocrazia Italia
Il secolo della Giustizia, una promessa da concretizzare: la foto di gruppo di parte dei presenti a Roma di Meritocrazia Italia

Per il “volante e motore” di MI, come lo hanno definito molti dei suoi appassionati associati, arrivati numerosissimi alla direzione nazionale del giorno prima e, poi, al convegno, nonostante le restrizioni ancora attive per il covid il 26 marzo, controproducente è anche la condanna alle spese: “forse i magistrati che prendono queste decisioni dovrebbero sapere che anche il loro stipendio parte dal PIL e, se massacriamo il sistema, il PIL non ci sarà e gli stipendi pubblici non saranno pagati”.

Prospettive e necessità politiche per Mauriello

Poi arriva la sua sfida per una maggior programmazione: “risolvere i problemi in corso di emergenza induce in errore ed è quanto avviene sempre in Italia diversamente da altri Paesi che della programmazione fanno il loro punto di forza. Gli Usa lanciarono con Kennedy la sfida per l’uomo sulla Luna e da quella sfida e da quegli investimenti nacque il loro boom tecnologico e la Silicon Valley… In Italia invece non c’è programmazione, si discute e si decide sempre sulle urgenze senza lucidità e un’efficace valutazione dei fatti: ci si accontenta senza programmare”.

Quindi, sul futuro del Governo, Mauriello, presidente di un’associazione che, vista la sua consistenza di base qualitativa e numericamente crescente,  potrebbe evolvere anche in qualcosa di più e di diverso, ha dichiarato poca passione per la contrapposizione. Per lui “la situazione è così dinamica, liquida che obiettivamente non auguro a nessuno di andare al governo al prossimo giro a meno che non studi prima e arrivi con un’agenda di governo precisa”.

L’avvocato presidente ha dichiarato, infine, di “fare solo il tifo per l’Italia” augurandosi che “chiunque possa governare il nostro Paese lo faccia iniziando fin da ora ad avere le idee chiare”. Una sua citazione di Confucio ha sigillato il convegno: “Nella testa dell’intelligente c’è sempre la giustizia, in quella del mediocre c’è solo il guadagno”.