Tra un metodo ancestrale e un Pinot nero impiantato in Puglia. “Wine Specialists Journal”: l’azienda Chiaromonte al Pelledoca di Trani

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Vini Chiaromonte
Vini Chiaromonte

Qualche giorno fa l’azienda Chiaromonte di Gioia del Colle, in Puglia, ci ha gentilmente invitati presso il Ristorante Pelledoca, un locale con una splendida vista sulla zona più bella e suggestiva del porto di Trani, per una degustazione e noi del Wine Specialists Council abbiamo accettato molto volentieri.

Nicola Chiaromonte ha ereditato dalla sua famiglia una cantina che inizialmente si era rifiutato di gestire per dedicarsi alla sua passione, l’Ippica e i cavalli, ma un bel giorno lo convincono ad assaggiare un Barolo e poi un Chianti. È così che Nicola ha capito che i vini prodotti in Puglia dai suoi genitori contadini avevano davvero grandi potenzialità e così decide di farsi seguire da un enologo e di occuparsi, sempre con i saggi consigli dei suoi genitori, dell’azienda di famiglia, producendo il suo primo vino. Inutile dire che da quel momento la sua Cantina ha riscosso un successo dopo l’altro, producendo pluripremiati vini di qualità.

Chiaromonte ancestrale e frutti di mare
Chiaromonte ancestrale e frutti di mare

La prima bottiglia è un metodo classico ancestrale, un Chiaromonte Ancestrale brut, che viene accompagnato da vere leccornie preparate dallo chef del Pelledoca. Mario, il rappresentante della cantina, ci spiega che il metodo ancestrale prevede un blocco della fermentazione con l’aiuto della temperatura, mentre la fine della fermentazione avviene in bottiglia. È interessante notare che il vino ci viene versato in diagonale per mantenere una bollicina grande e vivace, mentre ci viene poi spiegato che, se si vuole ottenere una bollicina più fine e delicata, allora bisogna versare il vino in verticale. Tra le danzanti bollicine si percepisce un colore giallo oro, ma è il profumo fruttato e delicato che ci sorprende all’olfatto, mentre sono perlopiù assenti i classici sentori di crosta di pane e dei lieviti, tipici del metodo champenoise. Si apprezza il gusto fruttato e fresco del vino, che viene magistralmente esaltato da un favoloso plateau de fruits de mer con gamberi di Mazara, tronchetti di tonno, ostriche Cadoret e ricci di mare. Insieme al rosato, questo vino ha vinto la medaglia d’argento al concorso mondiale di Bruxelles.

Il secondo vino che proviamo è un bianco, uno Chardonnay che con il suo colore paglierino appare all’olfatto delicatamente più fruttato rispetto agli altri chardonnay in circolazione. La batteria prosegue con un fiano, Kimia, in cui riconosciamo i profumi del territorio di origine, anche al naso si avverte la sua salinità, sapidità e freschezza.

Si passa poi a degustare la gamma dei rosati: si inizia dal Kimia primitivo di rosato, che fa un paio di mesi di affinamento in bottiglia. Si sentono i frutti rossi e la fragola di bosco, ma ci appare subito un vino fresco, sapido, delicato, ma ruffiano al punto giusto. L’accompagnamento prevede un piatto di mazzancolle scottate con crema di pistacchio di Bronte, pietanza che ci distrae per un attimo e ci porta verso il secondo rosato Kimia pinot nero rosato, un vino dal colore rosa delicato. La scommessa di impiantare un Pinot nero in Puglia è stata davvero indovinata: il vino ha un sapore che incanta e ricorda il territorio della Murgia con i suoi quattro strati differenti di terreno, che ha permesso a queste uve di radicarsi armoniosamente in questa zona, nonostante a credere nella riuscita dell’esperimento fosse stato inizialmente solo il patron Nicola Chiaromonte. Ad accompagnare questo vino arriva una linguina al riccio oceanico della zona della manica, ma guarnito da uova di riccio locale, un piatto davvero molto profumato con sentori di violetta: una delle specialità del Pelledoca!

Tra i rossi Chiaromonte propone il Primitivo mascherone (dalla maschera raffigurata sull’etichetta, simbolo del paese di provenienza), un primitivo esemplare dell’azienda; di colore sangue di piccione, con un’unghia leggermente porpora, compatto, profumato, equilibrato, morbido, pulito, con una esplosione iniziale di aromi e persistenza leggera. Proviene da un vitigno a cordone speronato e fa solo acciaio e bottiglia, diversamente dal Chiaromonte 2019, che con i suoi 14,5 %, affina in botte piccola di IV-V passaggio e, infine, in bottiglia. Si viene subito avvolti da una piacevole fragranza fruttata e floreale, ma facendo roteare il bicchiere, si vedono gli evidenti archetti dovuti all’effetto Marangoni, che su questo tipo di vino è davvero uno spettacolo.

Si passa così a degustare alcuni vini, chiamati Muro Sant’Angelo, ricavati dalla coltivazione della vite ad alberello. Dei due prodotti dell’azienda si decide di provare il Contrada Barbato, ricavato da viti di 80 anni di media di età, un vino pluripremiato che rappresenta la carta di identità dell’azienda Chiaromonte: per 15 anni consecutivi 3 bicchieri Gambero Rosso, ma l’annata 2013 nel 2017, oltre ai 3 bicchieri, viene premiato, sempre da Gambero Rosso, come miglior vino d’Italia. Sensazioni di amarena, ciliegia e visciole coccolano l’olfatto con la loro dolcezza, mentre al palato si avverte una morbidezza rotonda e avvolgente con un tannino delicato e carezzevole e una leggera nota terziaria di smalto per unghia da donna che lo rende anche un po’ sensuale: un tipico vino da compagnia, da degustare anche soli davanti ad un camino. L’accompagnamento ideale lo fornisce il Pelledoca: formaggio pecorino alle vinacce con marmellata di arance e mandarino e del prosciutto crudo iberico di una morbidezza tale da sciogliersi in bocca, che con il primitivo si sposa davvero bene. Dopo questa entusiasmante esperienza enogastronomica non resta che ringraziare Marco e Carlo, titolare del Pelledoca, in attesa della visita in cantina!