Michele Di Cintio sul testo “Filosofia della liberazione. Per un nuovo paradigma di civiltà: dalla cultura della soddisfazione alla cultura della relazione”

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Michele Di Cintio
Michele Di Cintio

Di Michele Di Cintio, già Dirigente scolastico al Liceo “Corradini” di Thiene ed ex ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione per la Regione Veneto, Presidente della SFI Vicenza.

La scelta del titolo Filosofia della liberazione e del sottotitolo Per un nuovo paradigma di civiltà: dalla cultura della soddisfazione alla cultura della relazione per questo volume si inserisce all’interno di una cornice teoretica legata nella consapevolezza, acquisita e meditata attraverso studi e percorsi professionali differenti, ma affini, del trovarci, come umanità tutta, dinanzi ad una sfida epocale, la cui essenza sta nel superare e abbandonare definitivamente uno stile di pensiero e di vita che ci sta conducendo verso l’abisso in favore dell’affermazione di un altro, antitetico e liberatorio nei confronti di un’umanità, che sia in grado di ritrovare un suo senso ed un suo progetto nella storia comune.

Filosofia della Liberazione
Filosofia della Liberazione

Negli ultimi trent’anni circa, grosso modo dal crollo dell’impero sovietico, molti studiosi, tra i quali più recentemente spicca Zygmunt Bauman, hanno sottolineato il cosiddetto «crollo delle ideologie» con il conseguente «spaesamento» o «disorientamento» sia degli uomini in quanto individualità sia come entità sociali fino al livello di Stati e Continenti. A tale mancanza di quadri di riferimento, di ancoraggi valoriali, di fondamenti etico-politici e, persino, di categorie culturali adeguate alla comprensione della realtà, premessa indispensabile per agire ed interagire con cognizione di causa e consapevolezza, è corrisposta, per usare la terminologia di Bauman, la progressiva «liquefazione» della società e della stessa coscienza individuale di «humanitas».

Il leit-motiv di questo lavoro va inteso come una ricerca, uno studio ed una riflessione finalizzati alla genesi di un Nuovo Umanesimo, considerandolo in termini molto vicini a quanto intendeva Ernest Cassirer nel momento in cui elaborò questo concetto.

Una componente essenziale e sempre più incidente nell’attuale «spaesamento» dell’umanità è indubbiamente costituita dal dominio incontrollato dei nuovi mezzi di comunicazione, per cui si potrebbe dire che noi non usiamo più «la rete», ma è questa ad averci intrappolato. Certamente vi sono aspetti di indubbia utilità e perfino di benefici nell’uso di internet, tuttavia è indubbio che, grazie a questa tutta quanta l’umanità deve fare i conti con un nuovo modo di percepire la realtà, di rapportarsi agli altri, così come sono cambiati e stanno vieppiù cambiando le modalità di gestione del consenso politico o dei complessi fenomeni economico-finanziari.

L’altra problematica, di spessore e di urgenza grandissimi, è costituita dalla questione energetico-ambientale-climatica, che pone l’accento, in modo assolutamente cogente, proprio sui nostri «stili di vita» e sul tema della diseguaglianza e dell’ingiustizia planetaria.

Tutto ciò, poi, confluisce in problemi ancor più generali, quali la concezione della storia nell’età della complessità e la «cecità morale» (Bauman), in cui stiamo cadendo, per identificarsi con quello che è l’obiettivo di questo lavoro: la svolta paradigmatica per la civiltà umana, considerata nella sua multiforme complessità, ma, allo stesso tempo, vista in una dimensione unitaria, determinata non solo dagli immensi problemi comuni, come si è accennato, ma anche da un assunto di fondo ineliminabile ed ineludibile: in qualsiasi modo l’umanità si sia declinata nel tempo e nello spazio, cioè nelle sue differenti storie, resta comunque umanità, quale condizione imprescindibile di tutte le possibili determinazioni storiche.

Se non si comprende questo, se non si acquisisce come valore primario e fondante (senza nessuna valenza ontologico-scientifica, ma semplicemente come consapevolezza di una situazione performativa inequivocabile!) che l’essere uomini precede tutte le altre possibili specificazioni nella storia, non si potrà mai pervenire alla riconquista della nostra humanitas.

La seconda parte del volume, quella construens, è un tentativo, con tutta la motivazione e la convinzione che nascono da anni di studio e di riflessione, di tracciare un sentiero di analisi e di ricerca, che ripercorre, punto per punto e tematica per tematica, quanto affrontato nella pars destruens a livello di «filosofia della negazione»; percorso, ovviamente, contrassegnato dalla consapevolezza di non poter e non dover ambire a soluzioni, né teoretiche né programmatiche, definitive: non sono per gli uomini la verità e la certezza assoluta, ma la ricerca continua, lo sforzo eroico (come scriveva il filosofo Antonio Banfi[1]) di assumersi le proprie responsabilità, quindi di costruire la propria storia, provando a darle un fine, un senso ed un valore, ma sempre hic et nunc (qui ed ora), momento per momento, accettando con orgoglio la nostra contingenza, anzi attribuendole finalmente il suo più profondo valore etico-storico.

A conclusione di queste sintetiche riflessioni introduttive al volume, non posso non sottolineare che, nel momento in cui scrivo, il pianeta sta attraversando l’emergenza della pandemia del corona-virus. Questo, nel soffermarmi con commozione sulle vittime e sui sacrifici che il mondo ospedaliero e dei servizi sta affrontando con un’abnegazione ed un eroismo eccezionali, mi porta ad alcune considerazioni pienamente coerenti con lo spirito e le finalità di questo libro.

L’emergere, drammatico ed inaspettato, della nostra fragilità pone in risalto proprio quanto si vuole sostenere in questo lavoro: in primis non possiamo più arrogarci il lusso di considerare il mondo, la natura, gli altri esseri viventi come oggetti del nostro arbitrio, profitto ed uso indiscriminato ed incosciente.

Se, infatti, come tanti scienziati e filosofi stanno sostenendo da tempo, il nostro violentare l’ambiente, distruggere o modificare irreparabilmente ecosistemi e specifiche realtà ambientali è la causa prima di tali epidemie, è necessario, inderogabilmente, assumerci le conseguenti responsabilità e mutare drasticamente rotta. Ciò significa, tuttavia, proprio quello che La filosofia della liberazione sostiene: un cambiamento radicale di Weltanschauung, un rovesciamento delle finalità e degli obiettivi del nostro esistere e vivere collettivo ed individuale, un’assunzione di responsabilità verso l’ambiente, che sradichi l’idea dello sfruttamento e del consumo per il mero profitto, una affermazione o ri-affermazione della nostra comune umanità, quale valore che unisce e perpetua attraverso la giustizia, la solidarietà e la co-responsabilità, come sostiene Karl Otto Apel[2].

M. Di Cintio, (a cura di) Filosofia della liberazione. Per un nuovo paradigma di civiltà: dalla cultura della soddisfazione alla cultura della relazione, Aracne editrice, Roma 2021.

Autori saggio:  Carluccio Bonesso, Giulio Zennaro, Rossella Bonomo, Sofia Dal Zovo, Michele Di Cintio, Elisa Di Ilio, Elisabetta Di Stefano, Aldo Messina, Stefano Montanaro, Lorenzo Palumbo, Ferdinando Trapani

[1] Cfr. A. Banfi, L’uomo copernicano, Mimesis, Milano 2018.

[2] Cfr. K. O. Apel, Etica della comunicazione, Jaka Book, Milano 1992.


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a cura di Michele Lucivero

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