Ho letto delle condizioni evidentemente gravissime nelle quali versa Sergio Marchionne. Condizioni che hanno portato alla nomina immediata del britannico Mike Manley (a sinistra della foto con Marchionne, ndr) come Ad di Fca (Fiat Chrysler Automobiles) e di nuovi Ad a capo delle aziende riconducibili alla capogruppo. Penso che, specialmente, di fronte a queste situazioni sia umano riconoscere le capacità di Marchionne ma che non si debba essere ipocriti. Marchionne, come “padrone” di fatto della FCA, è stato un avversario (spesso un “nemico”) per chi è contrario al sistema capitalista, al liberismo, al mercato come motore di qualsiasi cosa.Per chi ha lottato e lotta per cambiare lo stato di cose presenti. Marchionne, semplicemente, è dall’altra parte della barricata (che esiste, eccome, anche se ci continuano a ripetere che “siamo tutti sulla stessa barca”) e va combattuto soprattutto il “suo metodo”. Vanno combattuti i licenziamenti, la riduzione dell’occupazione nel nostro paese perseguita dalla Fiat prima e dalla FCA poi, l’aumento dei ritmi e degli orari di lavoro, le deroghe al contratto nazionale di lavoro, caratteristiche proprie di quel metodo. Va combattuta l’ideologia che quel metodo segue. Un’ideologia secondo la quale le cose vanno bene solo quando i profitti di “lorpadroni” sono alti e continuano a crescere. Quando in pochi guadagnano tanto. Un’ideologia secondo la quale è giusto che ci siano retribuzioni individuali da decine di milioni anche quando migliaia di lavoratrici e lavoratori (gli “esuberi” come vengono chiamati da “lorpadroni”) vengono messi in cassa integrazione e licenziati.
In queste ore, le notizie che vengono diffuse ci dicono che le condizioni di Marchionne si aggravano e, così, compaiono sui giornali articoli sull’uomo che ha salvato la Fiat. Marchionne viene definito “illuminato”. Lo dicono i padroni per i quali lavorava e dai quali era lautamente retribuito. Certo, Marchione ha contribuito in maniera determinante ad arricchirli. Ha avuto le capacità e la determinazione per farlo. Molto spesso anche l’arroganza. Ma si chiarisca almeno un punto. La ripresa della Fiat è dovuta in grande parte (essenzialmente) grazie al sacrificio lavorativo ed economico di chi vive del proprio lavoro. Di chi è stato licenziato, escluso dal mondo del lavoro, definito esubero e messo da parte. Da chi ha lavorato senza pause, con ritmi sempre più alienanti. Quindi, anche se adesso è l’ora, per troppi, dell’esaltazione di Marchionne (e dell’ipocrisia) è giusto ricordare tutto questo, sperando che chi lo sostituirà sia un avversario capace, magari un po’ più umano di quanto appariva Marchionne, e che, soprattutto, non appartenga alla categoria dei “mediocri”. Sarebbe un vero disastro.