Non passa giorno, settimana, o mese che assistiamo a disastri annunciati a causa degli abusi sui territori.
Da tempo si parla di una gestione più oculata dei suoli, con controlli più severi contro gli abusivismi e di
portare a zero il consumo di aree non edificate. Rimane ferma al Senato una legge nazionale specifica, tuttora congelata, e i condoni o le sanatorie, di volta in volta riproposti, danno agli italiani un’idea distorta sul rischio che corriamo quando si edifica senza una pianificazione e una conoscenza precisa della storia di un territorio.
I mutamenti climatici sempre più violenti, i ripetuti movimenti sismici e l’incuria dell’uomo ci dovrebbero far capire che non è più tempo di aspettare, ma di agire. Troppo spesso piangiamo i morti dopo un nubifragio o dopo una scossa tellurica, ma quanto è stato fatto per prevenire almeno per quanto umanamente sia possibile? Poco o nei casi più benevoli a macchie di leopardo. Ispra, nel suo report del 2017 considera che la popolazione coinvolta del rischio frane in Italia ammonta a 1,3 milioni di persone (538.000 famiglie) e gli edifici a rischio sono il 3,8%. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente calcola che 6,2 milioni di persone (2.650.000 famiglie) vivono in aree a rischio idraulico con il 9,3% degli edifici, l’12,4% delle industrie ed il 15,3% dei beni culturali esposti a subire alluvioni.
L’Italia, certifica sempre l’ Ispra, è un paese idro-geologicamente fragile, rischio frane e rischio alluvioni si sovrappongono fino ad interessare un sesto della popolazione (in alcune regioni anche la metà). Fenomeni in aumento anche perché legati ai cambiamenti climatici e all’aumento dei fenomeni meteorologici estremi. Nonostante questi dati incontrovertibili si è continuato a costruire dove non era opportuno farlo e si pianificano in continuazione nuove colate di cemento.
Creare sviluppo economico non è solo innalzare nuovi muri, ma consolidare, rinforzare, ripulire, gestire e pianificare il territorio con oculatezza e intelligenza e le grandi opere vanno valutate secondo il grado attuale dei costi-benefici, non per convenienza politica.
Purtroppo la cura del territorio, nonostante una corposa legislazione non trova sui tavoli politici la giusta prontezza, spesso ignorata o sottovalutata.
E il Veneto si trova in una posizione non invidiabile per il consumo del suolo, secondo solo alla
Lombardia.
Una recente legge regionale ha l’ambizione di portare a zero entro il 2050 la cementificazione dei terreni ancora non urbanizzati, ma sono state applicate tante deroghe che diventa difficile ipotizzare il raggiungimento di questo auspicabile obiettivo.
Per fare il punto, il circolo PD di Montecchio Precalcino, in collaborazione con l’associazione Attivamente ha voluto proporre un dibattito, aperto a tutti, per riflettere su quanto sta accadendo sul nostro territorio veneto, focalizzando i problemi in quattro macro-aree: consumo del suolo, ferite aperte dalla cementificazione, progetti infrastrutturali in via di approvazione, gestione delle acque con il contributo di quattro diversi relatori a cui è stato affidato il compito di spiegare qual è l’attuale situazione della nostra terra, in particolare quella vicentina.
L’appuntamento è fissato per il 16 novembre 2018 ore 20.45 presso il centro ricreativo Ex Acli di Preara, Montecchio Precalcino (VI) via san Francesco 11.
relatori per le quattro tematiche sono: Andrea Zanoni,Vice presidente Commissione Ambiente regionale, Cristina Guarda, Lista AMP, Renzo Priante, architetto e Oscar Borsato, esponente dell’Istituto nazionale di Urbanistica.
Seguirà il dibattito pubblico con eventuali testimonianze dei presenti.
L’evento è a ingresso libero.