C’è stato un momento preciso in cui è stato chiaro il disagio in cui è costretto a lavorare l’allenatore del Vicenza Cristian Brocchi. È il quarantaseiesimo minuto della partita Monza-Vicenza, l’inizio del secondo tempo. Brocchi fa i primi due cambi dei biancorossi. Uno è un avvicendamento necessitato dalla espulsione del difensore centrale Sebastien De Maio, che ha costretto il Lane a giocare in dieci sia gli ultimi quattro minuti del primo tempo che anche i successivi quattro del recupero.
Out, quindi, il per altro insufficiente Giacomelli e in un centrale difensivo come Emanuele Padella, per ricomporre la linea a quattro della difesa. Anche l’altro cambio investe un difensore perché il terzino sinistro Luca Crecco, colpito duro da un avversario in una delle sue rare sortite offensive, è sostituito da Thomas Sandon, un giovane messo a disposizione dalla squadra Primavera e che ha assommato solo sei presenze e nemmeno complete in questo campionato.
È proprio quest’ultimo cambio a essere emblematico: il Vicenza gioca contro uno dei top team della Serie B con due terzini che sembrerebbero e, purtroppo, anche dimostrano di non essere all’altezza del confronto. Quello destro è Christian Maggio, che ha quarant’anni, ha rimesso gli scarpini da un mese dopo otto di inattività ed è stato in campo in tutto quarantun minuti nei due spezzoni di gara in cui ha giocato. Alla vigilia del match Brocchi aveva dichiarato: “è normale che non possiamo pretendere di portare, in questo momento, Christian a giocare una partita da novanta minuti”. Infatti, lo ha tenuto in campo per … ottantacinque, la coerenza è importante, diamine. Sul perché lo abbia schierato dall’inizio non ci sono state spiegazioni. Pretattica? Indisponibilità di Bruscagin? Scelta tecnica? Fatto sta che l’attempato terzino di Montecchio Maggiore è stato messo in condizione di non fare propriamente una bella figura. Come del resto nemmeno l’ha fatta l’ancora acerbo Sandon. La sintesi, insomma, è che i terzini del Vicenza a Monza erano un quarantenne e un diciottenne. Drammatico.
Il condizionamento da infortuni e sanzioni disciplinari sta bersagliando la squadra da un bel pezzo e proprio nel momento in cui dovrebbe dare il massimo per centrare la salvezza. Da un lato una infermeria che da un anno ormai è sempre piena di pazienti (che spesso hanno tempi di guarigione lunghissimi e ricadute) e, dall’altro, una sequenza di cartellini gialli e rossi con frequenza fissa sono un handicap pesante per il lavoro del tecnico.
A Monza (ma non è la prima volta) non c’era un solo attaccante disponibile, almeno dall’inizio, e Brocchi ha dovuto sopperire modificando il modulo dal consueto 4-2-3-1 a un 4-3-3 in cui il trio offensivo (si fa per dire) era composto da due brevilinei come Giacomelli e Dalmonte e dal finora sottoutilizzato Charles Boli. Il centrocampo aveva un assetto accettabile, però, con la coppia dei mediani Cavion-Bikel potenziata con l’aggiunta del jolly Zonta. In porta tornava Grandi a causa della lungodegenza di “san” Contini e questa rentrée aveva messo in allarme la tifoseria, in massima parte contraria e malfidente verso il numero 22 biancorosso.
Queste erano le premesse di una trasferta pronosticata proibitiva per il Lane anche in forza della diversa caratura delle due rose e dei ventisette punti in più che presentava la classifica dei brianzoli. Però si prospettava non impossibile che il Vicenza, che aveva recentemente fermato top team come Pisa e Cremonese, riuscisse a fare altrettanto con il Monza, facendo leva sulla sua nuova identità tecnico-tattica che contempla agonismo, possesso palla, copertura del campo.
All’U-Power Stadium è stato, invece, un naufragio. Si è rivista la squadra della prima metà del campionato, arrendevole e passiva, lenta e scombinata, travolta da metà campo in su e assente nei sessanta metri avversari. Le statistiche sono eloquenti: il possesso palla complessivo è stato al 65% del Monza e, nel secondo tempo, addirittura del 73%; la squadra di Berlusconi ha tirato ventiquattro volte e il Vicenza tre (nella Ripresa, in cui avrebbe dovuto cercare il pareggio, solo una); il confronto dei passaggi totali è impietoso (530 contro 284), ancora peggio quello dei passaggi completati (460 contro 197). I numeri confermano il poco o nulla visto in campo. È un passo indietro vistoso, giustificabile solo parzialmente, preoccupante in prospettiva perché il calendario dei prossimi incontri non è facile.
La questione salvezza è ormai riservata alle ultime cinque squadre della classifica, il distacco dal sestultimo posto sembra difficilmente colmabile. La permanenza in categoria del Lane ha, quindi, una sola strada: il piazzamento in uno dei due posti che danno accesso ai play out. Con la graduatoria di oggi bisogna fare la corsa sul Cosenza, che ha due punti in più (ma anche una partita da recuperare) e che è perdente negli scontri diretti. L’Alessandria, quintultima, non sembra più in grado di allargare il proprio vantaggio oltre i quattro punti per evitare lo spareggio-salvezza. Crotone e Pordenone danno l’impressione di essersi ormai aggiudicati due dei quattro posti in Lega Pro.