di Antonella Gasparini e Alberto Zorzi dal Corriere del Veneto
Ha atteso che il decreto Agosto, che oltre alla nascita dell’Autorità della laguna prevede anche la messa in liquidazione del Consorzio Venezia Nuova (con un commissario da nominare in tempi rapidi: 30 giorni), diventasse legge con il voto di lunedì sera alla Camera. Poi ha deciso di lasciare. Ieri mattina il commissario del Cvn Giuseppe Fiengo ha scritto una lettera stringata ma eloquente al prefetto di Roma, da cui dipende la sua nomina: «Il decreto sembra privare gli amministratori straordinari del compito primario loro affidato di portare a conclusione la convenzione, avente a oggetto i lavori per la salvaguardia di Venezia e il completamento del Mose – ha scritto l’avvocato dello Stato chiamato nell’aprile 2015 a occuparsi del Cvn – Ritengo mio dovere prenderne atto e chiedere di poter accettare le mie dimissioni dall’incarico».
Parole educate, ma ostili verso la svolta del governo. Tra i compiti del liquidatore c’è anche quello di finire i cantieri, un «benservito» per gli attuali commissari. Fiengo, che già aveva mal digerito la coabitazione di questi mesi con la commissaria «sblocca cantieri» Elisabetta Spitz aveva anche valutato la possibilità di uno scontro legale, convinto che il loro ruolo di Anticorruzione non potesse essere cancellato con un tratto di penna. Ma poi ha deciso di farsi da parte, giocando d’anticipo con delle dimissioni che «fanno rumore»: da un lato perché si tratta del terzo commissario del Consorzio che lascia (il primo fu Luigi Magistro, poi ci fu la «meteora» Vincenzo Nunziata, rimasto in carica appena quattro mesi), dall’altro perché l’altro tecnico, il docente del Politecnico di Torino Francesco Ossola, per ora resta in sella e i rumors lo danno già con un ruolo futuro nella nuova società in house , che sarà il braccio operativo dell’Autorità. La stessa Spitz, in una nota recente, forse con un lapsus, l’aveva definito «direttore».
L’ok definito del Parlamento al decreto ha poi scatenato ieri la rabbia del sindaco Luigi Brugnaro, che è tornato all’attacco del governo. «Un vero e proprio furto di competenze – sbotta – Così è Roma a decidere quando alzare il Mose. La città è stata espropriata dei suoi poteri». Il sindaco non ha gradito né il merito né il metodo. «Hanno messo la fiducia e hanno tenuto fuori Comune e Regione – commenta – La città è stata svenduta. Il sottosegretario Andrea Martella dice che non cambia niente. Lo vada a raccontare alle persone che si chiedono a che livello si alzeranno le paratie. Roma decide nel buio delle segrete stanze, ma i cittadini sono andati a votare e si sono espressi molto chiaramente. Il Pd deve arrendersi». Brugnaro ha una sua spiegazione di quello che è successo in questi anni, legata ai suoi successi elettorali. «Fu Martella, al tempo in cui non ero sindaco, a fare la proposta diventata legge di trasferire i poteri del Magistrato alle Acque alla Città metropolitana – continua – Poi non ha vinto e mi ha tolto i poteri. Quest’anno ho rivinto e da Roma levano competenze. Questa non è democrazia». E chiedendo l’autonomia, cita il caso della Catalogna. «Capite da dove nascono i loro problemi? – conclude il sindaco – Non può essere che se uno perde diventa astioso, deve farsene una ragione».
Parola a cui Martella replica in maniera secca. «Il bonapartismo caricaturale di Brugnaro rischia di assumere contorni grotteschi – dice il sottosegretario di Palazzo Chigi – L’Autorità per Venezia è uno strumento al servizio della città e della sua specialità, che supera la frammentazione delle competenze sulla laguna, si apre agli enti locali, fa si che lo Stato si occupi pienamente con adeguate risorse finanziarie. Sugli attacchi personali non commento».