Mose, dopo tanti anni finalmente la grande opera sembra funzionare. Ma che ne è dell’era giudiziaria? Tante prescrizioni, una sola condanna, si aspettando risarcimenti.
di Alberto Zorzi sul Corriere del Veneto
Alla fine, degli otto che avevano percorso la strada del «maxi-processo» Mose in aula, l’unica casellina su cui la Corte di Cassazione ha potuto appuntare una condanna vera e propria – un anno e 8 mesi – è stata quella di Corrado Crialese, figura minore nell’inchiesta: lui, ex presidente di Adria Infrastrutture (società del gruppo Mantovani), era accusato di millantato credito perché si sarebbe fatto dare da Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo soldi per corrompere i giudici del Tar, circostanza però mai confermata.
Per tutti gli altri protagonisti del processo Mose – dopo che la maggior parte degli accusati, a partire dall’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, avevano patteggiato – è arrivata invece l’assoluzione, soprattutto per prescrizione: l’ultimo, in ordine di tempo, è stato l’imprenditore romano Erasmo Cinque, che secondo i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini aveva ricevuto dal Consorzio Venezia Nuova milioni di euro di lavori a Marghera solo per fare un favore all’allora ministro Altero Matteoli. Per Giorgio Orsoni, l’ex sindaco di Venezia messo ai domiciliari nel maxi-blitz del 4 giugno 2014, è arrivata invece la conferma della prescrizione sull’accusa di finanziamento illecito della campagna elettorale del 2010, mentre lui sosteneva che il reato non fosse contestabile: «Non è finita qui, andremo fino alla Corte di Giustizia europea perché ormai nemmeno la Cassazione è più un giudice del diritto», accusa lui, che è un notissimo avvocato.
Orsoni, con i suoi avvocati Francesco Arata e Carlo Tremolada, aveva notato che il «candidato sindaco» non fosse presente nell’elenco delle cariche comprese nella legge sul finanziamento ai partiti. Tribunale e Corte d’appello, come sosteneva la procura, avevano superato l’ostacolo affermando che il candidato sindaco nei comuni sopra i 15 mila abitanti è anche candidato consigliere comunale, figura presente nell’elenco.
Il procuratore generale, nell’udienza di mercoledì sul Mose, aveva chiesto di sollevare una questione di legittimità alla Corte Costituzionale, ma i giudici hanno rigettato il ricorso, mettendo il timbro finale sull’accusa a Orsoni di aver ricevuto 250 mila euro in contanti da Federico Sutto, segretario dell’ex presidente del Cvn Giovanni Mazzacurati: fatti dichiarati prescritti (erano di inizio 2010) e su cui la difesa non aveva fatto nemmeno appello. E infatti Ancilotto, oggi procuratore aggiunto a Venezia, è soddisfatto: «La Cassazione ha messo la parola fine su due fatti: Orsoni ha preso i soldi in nero e questo è un reato», sostiene. Orsoni invece dice il contrario: «Sutto ha detto tante bugie, indotto dalla procura che gli ha fatto ponti d’oro per patteggiare».
Matteoli e Cinque erano stati condannati entrambi a 4 anni in primo grado per corruzione. Prima dell’appello l’ex ministro è morto in un tragico incidente, mentre per l’amico la condanna è stata confermata. Ora arriva la prescrizione, perché i fatti arrivavano fino al 2012. «Questo è importante perché il mio cliente rischiava il carcere», dice l’avvocato Pietro Pomanti.
Resta però la maxi-confisca da 9 milioni, oltre ai risarcimenti danni da 950 mila euro ciascuno a Stato e Comune di Venezia, 375 mila alla Regione, 185 mila alla Città metropolitana e 70 mila al Cvn. Altri 85 mila euro li dovrà versare Nicola Falconi, imprenditore accusato di corruzione, ma «salvato» dalla prescrizione.
(N.B. Su richiesta del GPDO pervenutaci in data 14 ottobre 2021 e riferentesi a precedenti comunicazioni dell’interessato a noi non pervenute o andate in spam, in merito all’articolo qui ripreso, che è una rassegna stampa come indicato chiaramente, riportiamo in data 20 ottobre 2021 quanto comunicato dal dr. Nicola Falconi “Il Dott. Falconi è stato infatti condannato in primo grado nel procedimentopenale tenutosi avanti il Tribunale Venezia e recante RGNR 12236/2013(cd. Processo “MOSE”). Il processo di Appello alla predetta condanna (Corte d’Appello diVenezia RG APP. 5964/2018) ha invece visto il non luogo a procedere nei confronti del medesimo imputato, che è stato conseguentemente assolto“).
«Siamo soddisfatti e ora incasseremo i risarcimenti – dice Luigi Ravagnan, avvocato del Comune – Orsoni farebbe un bel gesto se fosse disponibile a risarcire il danno d’immagine alla città». Cosa che però l’ex sindaco non intende fare. «Abbiamo avuto quello che volevamo, anche se fa rabbia che la prescrizione abbia cancellato alcune accuse», aggiunge la collega Paola Bosio per il Cvn. Ancilotto lo sa bene: «La sentenza conferma la bontà dell’inchiesta e confische e risarcimenti sono importanti – conclude – Sulle prescrizioni noi abbiamo sempre detto che è meglio un patteggiamento mite che una pena esemplare che poi finisce in un nulla di fatto».