Muore un dipendente della ditta Salvagnini di Sarego… sciopero Cgil Cisl e Uil e volantino “Basta morti sul lavoro!” Giusto, ma basta?

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Morti sul lavoro, basta!
Morti sul lavoro, basta!

CGIL-CISL-UIL hanno indetto il 3 marzo uno sciopero di tutte le lavoratrici e i lavoratori della provincia di Vicenza per il 10 marzo. “Basta morti sul lavoro!” è il titolo del volantino che accompagna la decisione. Bene, finalmente. Era tempo che lo chiedevamo, noi comunisti, uno sciopero generale.

Il volantino Cgil, Cisl e Uil  per lo sciopero contro le morti sul lavoro
Il volantino Cgil, Cisl e Uil per lo sciopero contro le morti sul lavoro

Il problema, però, nasce quando si legge il testo del volantino con le richieste e la modalità dello sciopero. Dopo il doveroso cordoglio alla famiglia dell’ultima vittima, si proclama un’ora di sciopero a fine turno che, per chi lavora nei servizi essenziali, diventa l’invito a un minuto di silenzio in concomitanza con l’inizio dei funerali del lavoratore di Lonigo deceduto nel veronese qualche giorno fa.

Uno sciopero simbolico e nulla più. Sembra quasi un mettersi a posto la coscienza con una mitezza inspiegabile di fronte al continuo massacro di lavoratori nei luoghi di lavoro (quasi 100 sono i morti sul lavoro da inizio anno e oltre 700 nel 2019). E sono anche le richieste per contrastare la tragedia che lasciano perplessi. In effetti non sono rivendicazioni ma, come spiegato nel volantino, “misure per sensibilizzare imprese, istituzioni e cittadini”:

  • Necessità di investimenti nei luoghi di lavoro
  • Bisogno di maggiore formazione delle lavoratrici e dei lavoratori
  • Urgenza di maggiori controlli sul rispetto delle normative
  • Urgenza di potenziare gli SPISAL per aumentare l’attività di prevenzione
  • Azioni per una cultura della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro
  • Fare formazione agli studenti in sicurezza e salute nei luoghi di lavoro

Ma si crede veramente che possano bastare? Che non si possano (e si debbano) individuare responsabilità e colpe in questa situazione di profonda insicurezza e precarietà nella quale si lavora?

Sembra che si sia fatta propria la frase “siamo tutti nella stessa barca” e che, in definitiva, con una migliore formazione dei lavoratori si possa contenere il numero di infortuni mortali.

Non si mette in discussione il sistema che obbliga lavoratrici e lavoratori a una costante precarietà e alla conseguente accettazione di qualsiasi condizione. Non c’è nessuna critica, neppure velata, della situazione generale del “mondo del lavoro”. Perché tutto si tiene legato: cancellazione di diritti, ricatto continuato di licenziamento, retribuzioni insufficienti, necessità di lavorare più ore e conseguente diminuzione dell’attenzione, aumento di fatica e alienazione. Tutto viene spostato dal necessario diritto al lavoro sicuro all’accettazione del privilegio padronale allo sfruttamento e al profitto a qualsiasi costo. Ma di questo non si parla. E non si apre nessun conflitto. Solo un’azione simbolica di un’ora. Inefficace e ininfluente.

Oggi abbiamo l’emergenza coronavirus che impedisce (forse) forme di lotta più adeguate. Ma perché, allora, non lanciare una campagna di lotta e pianificare azioni che permettano di contare di più e, magari, ottenere qualcosa di più di qualche promessa. Invece di “sensibilizzare” o “chiedere” si inizi a pretendere di lavorare meno, meglio e in sicurezza. E se oggi non si ha la forza di farlo, si operi per costruire questa forza. Senza timori né reverenze, con la dignità e la fermezza che le lavoratrici e i lavoratori hanno dimostrato solo qualche decennio fa, quando la sinistra politica e sindacale era “di classe”.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.