Fare opposizione non è lo stesso di essere all’opposizione. Il voto può “mandare” all’opposizione chi era al governo: mettere in conto questa eventualità è un tonico per la democrazia. Ma il “mandare” non definisce che cosa fare. Essere all’opposizione, ci ricordano i parlamentari del Pd, è una funzione nobile in una democrazia. E hanno ragione: l’Abc della democrazia dice che il governo si regge sulla relazione maggioranza/opposizione; che è la negazione dell’unanimità.
La maggioranza sta in una relazione particolare con l’opposizione: prima di tutto perché l’una non sta senza l’altra e poi perché tra le due non vi è una distinzione qualunque, ma un’opposizione: ovvero una distinzione che mette in moto una politica d’opposizione attiva e mirata.
L’opposizione non sta a guardare, ma gioca per influire sulle decisioni. Ma come fare opposizione è segno di intelligenza e capacità politica con al centro il rispetto sia per il voto sia per il Parlamento. Di Palmiro Togliatti, Emanuele Macaluso ha detto che lui e il suo gruppo, permanentemente all’opposizione da quando entrò in vigore la Costituzione repubblicana, avevano «un assoluto rispetto» per le regole della democrazia parlamentare: per loro «il Parlamento non era una tribuna di propaganda, ma un luogo di elaborazione politica e legislativa». E l’Italia dei primi decenni, quando la sinistra faceva dura e responsabile opposizione, partorì leggi importanti, l’ossatura dello stato sociale e civile; per molte delle quali, l’influenza del gruppo comunista fu determinante. Nelle parole di Pietro Ingrao, «il Parlamento stava nel nostro cammino proprio perché cercavamo di costruire luoghi e forme di potere pubblico, aperti alla volontà delle masse e capaci di incidere sull’agire dello Stato». Gli argomenti che si sentono in questi giorni nelle file dell’opposizione sono disarmanti per la confusione: da un lato, si sente ripetere con insistenza «qui ci hanno mandato i nostri elettori»; dall’altro, si sente dire «non deve governare Salvini». Visioni opposte, senza un’idea comune. E intanto si pratica un atteggiamento risentito come se si tenesse il proprio ruolo di opposizione «in gran dispitto». Ma se si pensa, molto giustificatamente per una sinistra che si rispetti, che Salvini «non deve governare», allora qualche punto di programma strategico deve essere pensato. L’opposizione ha bisogno di elaborazione, oltre che di post sui social. I cittadini dovrebbero sapere su quali punti il Pd intende muoversi: che cosa non può assolutamente tollerare, che cosa può accettare di analizzare, su quali questioni si attiverà con coerenza. Prima ancora che il Presidente Mattarella cominci le consultazioni, sarebbe desiderabile che l’opposizione definisca gli obiettivi che reputa importanti e quelli che sono inaccettabili, cosicché motivi le ragioni politiche, non solo numeriche, della sua opposizione.
Poiché fare opposizione è una funzione imprescindibile, e richiede non meno arte del governare. La distanza tra il trasformismo e l’azione responsabile dell’opposizione per il governo del paese è enorme. Tra le due condizioni non vi è soluzione di continuità. Influire e in che modo sulle decisioni: ecco il nodo che un’opposizione parlamentare deve saper sciogliere.
di Nadia Urbinati, da la Repubblica
L’autrice è docente nel Dipartimento di Scienze Politiche alla Columbia University