L’Italia riporta la più bassa natalità di sempre. Il dato stupisce e allarma, perché le stime sono di una riduzione della popolazione di ben 5 milioni di abitanti in un futuro molto prossimo.
La verità è che, tra le altre cose, ancora oggi attività lavorativa e maternità sono spesso scelte incompatibili. E diventano un’alternativa. È anche per questo che si diventa madri di meno rispetto al passato e di solito in un’età più avanzata.
È una corsa a ostacoli quella di chi sceglie la sfida di conciliare lavoro e famiglia.
Non è un caso che, durante il periodo pandemico, oltre 3.000 donne abbiano rassegnato le dimissioni, e di queste una percentuale rilevante abbia poi avuto difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro, penalizzata anche dalla tipologia contrattuale disponibile. Il dato più drammatico si registra soprattutto nelle aree meridionali.
Il problema esiste ed è fortemente avvertito. Essere madre non può essere penalizzante, né nella fase di ricerca del lavoro né durante la vita lavorativa.
Essere madre non può essere fattore di discriminazione, fra generi diversi e fra donne.
Eppure le politiche di supporto alle famiglie sono da anni inconsistenti e inadeguate alle nuove esigenze.
I recenti interventi normativi hanno consentito di fare piccoli passi in avanti, ma mondo del lavoro non è ancora strutturato in modo tale da garantire una vita serena alle lavoratrici madri, né ad assicurare una pari distribuzione delle opportunità di crescita professionale e di carriera.
Da sempre Meritocrazia Italia sostiene che il welfare italiano abbia bisogno di correttivi e propone una strategia ambiziosa e interventi organici, perché il problema non è emergenziale, ma strutturale.
Oggi torna a ribadire l’importanza di operare con urgenza, con migliore allocazione delle risorse in arrivo con il PNRR,
– incrementando i fondi destinati alle nuove famiglie, in particolare quelli previsti per l’assegno unico universale;
– puntando all’abbattimento delle preoccupanti dimensioni del fenomeno dei Neet, che, in Italia, per il 25% è donna;
– aumentando la copertura e l’accessibilità dei servizi per l’infanzia, portandoli ai livelli europei, con benefici sia per le nascite che per l’occupazione femminile;
– prevedendo logiche di premialità a favore delle imprese che favoriscono la conciliazione famiglia-lavoro, che sostengono, con aiuti economici o iniziative interne, la natalità, e che consentano l’adozione di strumenti come smart working e part time quali opzione volontaria del lavoratore.
Lascia ben sperare la ridenominazione del Ministero Famiglia, Natalità e Pari opportunità
Stop war.
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Fonte: Codici