Il negazionismo dal don Ferrante di Manzoni ai moderni no-vax. “Filosofia in Agorà”: La scienza ufficiale e il suo rapporto con la storia e la politica

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Don Ferrante di Manzoni e i no-vax
Don Ferrante di Manzoni e i no-vax

«Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete Giove? Brucerete Saturno?

His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle. E quella sua famosa libreria? È forse ancora dispersa su per i muriccioli»[1].

Solitamente mi piace cominciare le prime lezioni di storia al triennio del Liceo con un paio di interrogativi tanto banali quanto inquietanti. Il primo di questi è: “la storia è oggettiva?” L’altro, invece, è: “la storia si ripete?”

Le risposte dei ragazzi e delle ragazze sono sempre tutt’altro che banali e denotano acume e ampiezza di vedute che certi adulti, invece, hanno smarrito da un po’ di tempo e tale smarrimento in questi periodi di pandemia emerge, in maniera a volte davvero imbarazzante, quando essi prestano il fianco a teorie astruse, misteriose e finanche complottistiche.

Tornando alle risposte dei ragazzi e delle ragazze, al di là della poca oggettività che viene annessa alla narrazione storica dai giovani di oggi, vi è la constatazione che, effettivamente, la storia si ripete. Si tratta di una constatazione che viene rinforzata anche dal fatto, piuttosto privo di significato didattico ed educativo, che i ragazzi e le ragazze ripercorrono per ben due volte tutto lo studio della storia nel primo ciclo e poi nuovamente nel secondo ciclo scolastico.

Tuttavia, a fronte di ogni supervalutazione della storia come magistra vitae, la triste constatazione secondo la quale, purtroppo, la storia si ripete conduce alla presa d’atto che, nonostante tanto studio, tante ricerche e tante letture, che hanno la presunzione di essere vanamente edificanti, gli uomini e le donne non imparano proprio nulla dalle vicende del passato.

Dispiace, infatti, assistere al fatto che anche ai nostri giorni tanto i social network quanto i giornali e i canali televisivi pullulano di tante e di tanti moderni don Ferrante, uomini e donne dotate anche di una certa cultura, tra cui medici, molti dei quali disposti anche a farsi sanzionare e radiare dall’Ordine, ricercatori come Stefano Montanari, che si era espresso prima della diffusione del vaccino minimizzando la portata della pandemia, oppure cantanti (o ex cantanti), attori e attrici un tempo molto stimati e che ultimamente hanno ripiegato verso forme di sapere non ufficiale, diremmo alquanto alternativo, come Eleonora Brigliadori, Enrico Montesano, Miguel Bosè, Povia.

Proprio come il don Ferrante, dunque, del quale abbiamo richiamato la descrizione manzoniana all’inizio dell’articolo, si tratta di negazionisti, persone che rifiutano di accettare anche solo l’esistenza e la diffusione del virus oggi come della peste in passato, convinti delle proprie teorie e pronti a sciorinare le loro cogenti dimostrazioni alternative, gridando molto spesso al complotto per motivi economici, politici, ma anche apocalittici e palingenetici, prefigurando un disegno segreto teso a eliminarci tutti attraverso l’inoculazione di un siero sul quale è stato anche detto che ci avrebbe riportato allo stadio scimmiesco a causa dell’uso dell’adenovirus dello scimpanzè.

E proprio come al don Ferrante manzoniano, a molti negazionisti il virus «gli s’attaccò» e da veri eroi metastasiani, che non è affatto un complimento, ne hanno pagato personalmente le conseguenze: dall’influencer del fitness, l’ucraino Dmitry Stuzhuk, uomo in ottimo stato di salute, ammalatosi e passato a miglior vita (questo è davvero il peggior modo di dire per edulcorare il fenomeno della morte) fino al noto manager ed esperto di marketing di fama internazionale Marco di Veglia, convinto fino alla fine che il vaccino era per deficienti, ma poi, evidentemente, a deficĕre, cioè a staccarsi, separarsi, allontanarsi dalla vita è stato proprio lui.

Ora, non è nostra intenzione fare l’apologia di una presunta e indiscutibile “scienza ufficiale” oppure affermare che ci sia un unico e solo centro di irradiazione del sapere da accettare supinamente. Così come non è nostra intenzione ignorare che vi siano cospicui e consolidati interessi economici dietro la produzione dei vaccini, che si manifestano a partire dalla contraddizione alla base della richiesta di fondi pubblici da parte degli enti privati per la ricerca scientifica senza che poi il brevetto sia ugualmente pubblico, continuando ad arricchire le case farmaceutiche.

Del resto, abbiamo anche espresso alcune perplessità, sempre in maniera problematica e senza la necessità di accedere a teorie alternative, perlopiù sulla scorta del pensiero di filosofi e storici come Massimo Cacciari, Giorgio Agamben e Alessandro Barbero, sull’imposizione dell’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro pubblico e privato per un vaccino che resta volontario e libero. A ciò si aggiunga la contraddizione, emersa nella tornata elettorale di qualche settimana fa, per cui si possa entrare senza esibire il green pass per esercitare il diritto di voto negli stessi edifici scolastici nei quali, per esercitare il diritto allo studio, lo stesso green pass è assolutamente richiesto, che è poi la stessa contraddizione che spinge i politici a legiferare in favore dell’imposizione del green pass nei luoghi di lavoro, tranne che in Parlamento.

Tuttavia, ciò che è tipico dei negazionisti alla don Ferrante, il quale crede fermamente che la peste derivi dall’influenza degli astri sulle persone e non dal contagio, è, da un punto di vista prettamente filosofico, il fatto di avere per le mani una dote particolare che consente loro un accesso privilegiato e del tutto personale alla Verità, una sorta di illuminazione in grado di connetterli con la vera dottrina, la vera spiegazione della realtà. È chiaro che su questo versante, oggi come ieri, in tutti i contesti storici in cui vige il pluralismo culturale, e non un universo simbolico totalizzante, la possibilità che fiocchino teorie e dottrine alternative si rivela una possibilità più che concreta, arginata solo dalla gestione fattuale, storica e contingente del potere politico, il quale si fa carico di una determinata interpretazione scientifica della realtà e alla quale, a noi poveri mortali, non resta che aderire con un mero atto di fiducia.

Su una cosa, infatti, non possiamo dare torto, a livello di principio, al personaggio manzoniano: «Ma cos’è mai la storia, diceva spesso don Ferrante, senza la politica? una guida che cammina, cammina, con nessuno dietro che impari la strada, e per conseguenza butta via i suoi passi; come la politica senza la storia è uno che cammina senza guida»[2], peccato solo che don Ferrante, così come i tanti moderni no-vax, abbiano pagato con la vita un atto di fede nei confronti di una guida rivelatasi completamente inaffidabile.

[1] A. Manzoni, I promessi sposi, Biblioteca Treccani, Milano 2006, p. 552.

[2] Ivi, p. 397-398.


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a cura di Michele Lucivero

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