Nei giorni del coronavirus qualcosa anche sul lavoro pre epidemia: nuovi morti, più disoccupati e crescenti licenziamenti in arrivo

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Coronavirus e problemi del lavoro
Coronavirus e problemi del lavoro

Mentre le prime pagine dei giornali sono piene delle notizie dell’epidemia di Covid-19, il coronavirus, che si sta espandendo, mentre si parla di cosa fare delle partite di calcio (cosa importante, per carità, ma sinceramente meno prioritaria di altre), mentre i “nostri” politicanti parlano spesso a vanvera e si mostrano più che possono in televisione, mentre si paventa una recessione mai vista e si cercano i rimedi (sempre rivolti a dare benefici soprattutto alle imprese), altre notizie vengono derubricate e “messe in disparte”.

Certo, sappiamo tanto delle elezioni primarie del partito democratico in USA, del risultato delle elezioni in Israele, dei migranti che arriveranno dalla Turchia (conosciamo meno la realtà dell’occupazione di territori siriani da parte dell’esercito turco che appoggia terroristi affiliati ad Al-Qaeda) …

Sappiamo, invece, molto poco di quello che avviene nel mondo del lavoro, non tanto dal punto di vista delle imprese (di quello sappiamo che vogliono risorse, meno tasse, benefici vari per superare la crisi) ma dalla parte dei lavoratori. Queste notizie vengono relegate ai margini dell’informazione. Bisogna cercarle. E, alla fin fine, appaiono come “normali”, le solite cose.

Ebbene, oltre alle maggiori crisi aziendali come Alitalia (11.000 lavoratori in bilico) ed ex-Ilva che sembra essere un problema accantonato o non più degno dei riflettori (con 11.000 lavoratori in Italia – 8.500 a Taranto – che attendono di sapere cosa succederà il 6 marzo prossimo quando ArcelorMittal deciderà se recedere o meno dal contratto siglato col governo), in questi “giorni del coronavirus”, con qualche difficoltà, si può leggere che 429 addetti dell’Embraco di Riva di Chieri in provincia di Torino (gruppo Whirpool) sono senza stipendio e che “il rilancio dell’impianto è lontano”, che Air Italy ha avviato la procedura di licenziamento collettivo (1.550 dipendenti), che Sirti vuole licenziare 768 dipendenti (dopo che circa un anno fa era stato siglato un accordo che tutelava i posti di lavoro), che Conad ha deciso di licenziare 135 addetti dai supermercati abruzzesi (inizio della “purga” di circa 3.000 dipendenti prevista per l’acquisizione di Auchan). Un’ecatombe di posti di lavoro.

E, poi, c’è la questione della sicurezza. Nei primi due mesi dell’anno sono 86 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro e oltre 165 con i decessi in itinere. Ma di loro si sa poco o nulla. L’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro continua a fornire le informazioni con ostinazione, ma è una mosca bianca in un panorama desolante di mancanza di informazione. E senza informazione diffusa risulta difficile, se non impossibile, riuscire ad far emergere l’indignazione che dovrebbe esserci. Senza conoscenza della realtà dei fatti tutto sembra normale anche la morte di oltre 17.000 lavoratrici e lavoratori negli ultimi 12 anni.

I problemi del lavoro dovrebbero essere affrontati con determinazione alla pari della lotta all’epidemia di Coronavirus Covid-19, che pure comporterà ulteriori problemi per il lavoro. Vengono quasi sempre relegati ai margini. Sembrano essere accettati come normali, mentre sono indice di una estrema fragilità del sistema produttivo che appare in tutta la sua drammaticità solo quando un evento esterno come quello che stiamo vivendo ne esalta la debolezza e l’inesistenza di una strategia e di una seria pianificazione.

PS: Sono stati pubblicati i dati ISTAT sull’occupazione relativi a gennaio 2020, prima, quindi, dell’emergenza coronavirus. Rispetto alla fine del 2019, l’occupazione cala di 40mila unità (15mila dipendenti e 25mila indipendenti). Crescono gli inattivi (20mila unità) soprattutto tra i giovani (range 15-34 anni). Gli scostamenti sono piccoli, forse non significativi, ma denotano una preoccupante stabilità verso il basso che non promette nulla di buono.

Questa mattina sono già due i lavoratori morti nei luoghi di lavoro. Uno nel vercellese (alla General Packaging, azienda che si occupa di imballaggi) e un lavoratore vicentino in un’azienda di Colognola ai Colli, nel Veronese, entrambi schiacciati da un muletto. Un terzo lavoratore è deceduto oggi nel mantovano.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.