Nello Scavo a Vicenza «contro il muro del potere»

167

L’inchiesta di Avvenire sui rapporti tutti da chiarire tra il Governo italiano e il trafficante di esseri umani libico Bija ha svelato una macchia nera sulle politiche migratorie del nostro Paese. L’autore dell’inchiesta, Nello Scavo, sarà ospite all’auditorium dei Carmini di Vicenza il prossimo 18 ottobre alle 18, in occasione dell’incontro curato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali sulla Carta di Assisi (all’interno del ciclo di incontri della Settimana della scuola della diocesi di Vicenza), decalogo e manifesto internazionale “contro i muri mediatici e l’uso delle parole come pietre”. Muri come quelli che il giornalista Nello Scavo ha cercato di abbattere in anni di lavoro dedicati alle migrazioni, soprattutto dalla Libia, e ai foschi intrecci di potere e sfruttamento che ricadono sulla pelle di quanti provano disperatamente ad attraversare il Mediterraneo e ad arrivare in Italia. 

«Ci sono diversi muri – racconta l’inviato di Avvenire -. C’è il muro di gomma del potere, contro il quale rimbalziamo da anni e che questa inchiesta ha dimostrato che può essere demolito. Poi c’è un muro più complesso che è quello dell’opinione pubblica, a sua volta vittima dei metodi che la politica utilizza per costruire il consenso». Metodi che, solo per citare gli ultimi mesi hanno diffuso notizie per criminalizzare le ong quando invece, è il pensiero che nasce leggendo l’inchiesta di Scavo, erano ben consolidati e continuano ad esserlo i rapporti con i trafficanti di esseri umani. «In Libia – prosegue Scavo – si sono concentrati troppi interessi: la Russia, gli Usa, l’Iran, la Turchia… in questi giorni si pubblicano inchieste sui rapporti tra emissari di politici italiani e la Russia e altre che gettano ombre sui rapporti tra politica, servizi segreti italiani e servizi segreti statunitensi. La Libia sembra essere diventata la struttura logistica di questi intrecci di potere. Le vittime di tutto ciò sono i migranti e le opinioni pubbliche, volenti o nolenti coinvolte in dinamiche polarizzanti». Ma la prima vittima, secondo Scavo, è proprio “la verità” e, di conseguenza, i sistemi democratici. L’inchiesta come quella pubblica di Avvenire è una boccata d’ossigeno per le nostre coscienze e per la vita democratica del nostro Paese, tanto più, come spiega Scavo, che «è stata il frutto della collaborazione tra tanti colleghi di tante testate diverse, con i quali in questi anni ci siamo ritrovati a raccontare lo stesso pezzo di mondo, mettendoci ciascuno del suo. Per la prima volta abbiamo visto Repubblica citare Avvenire e viceversa, oppure il Guardian che riprendeva noi, riconoscendo l’autorevolezza ma anche la fatica di ciascuno in questo lavoro». Una “biodiversità giornalistica” che a sua volta si è arricchita «del lavoro dei giornalisti locali libici e tunisini. Lo stesso Cara di Mineo non lo avremmo mai conosciuto se non ne avessero scritto i giornalisti siciliani, contribuendo a mettere il loro pezzettino nel mosaico».

Gli sviluppi dell’inchiesta di Avvenire sono ora tutti da seguire e c’è da credere che una crepa nel “muro di gomma” del potere riuscirà ad inciderla. Sempre che non si verifichi un’altra “vittima”, tra quelle che Nello Scavo teme di più. «Temo la rimozione della memoria, perché in Italia abbiamo la memoria corta». E che quello che oggi è venuto alla luce, un domani non torni nell’ombra.