Nessuna Giustizia equivale a Nessuna Pace. Non è uno slogan, è una semplice conseguenza del sistema economico contemporaneo

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Dalla morte di Floyd gli USA – ci scrive Dennis Vincent Klapwijk della Segreteria Regionale PCI Veneto e Responsabile Nazionale Lavoro FGCI – e gran parte del mondo occidentale sono pervasi da mobilitazioni più o meno violente, tutte con partecipazione molto numerosa, animate da attivisti politici, cittadini solidali e, specialmente negli Stati Uniti, da membri delle minoranze etniche colmi di rabbia devastatrice.

Tale furia si è rivolta, specialmente nel mondo anglosassone ma con emulazioni ovunque, verso quei monumenti raffiguranti soggetti storici controversi; non parliamo solo di Cristoforo Colombo e delle sue pratiche colonialiste, parliamo anche di veri e propri schiavisti che hanno costruito intere fortune economiche sulla sofferenza e sulla morte di migliaia di esseri umani.

Si è aperto un grande dibattito, che sta focalizzando l’attenzione e polarizzando i contributi scritti, sul giusto o meno che sia praticare questa “iconoclastia laica” sulle testimonianze storiche. Sì è cominciato di conseguenza a mettere sulla bilancia le violenze spontanee e disorganizzate sorte dalle mobilitazioni con quelle della polizia. Un eterno divagare ed allontanarsi dai nodi ben prima che essi giungano al pettine. I nodi reali che stanno alla base di queste dinamiche.

Lo slogan “Nessuna Giustizia, Nessuna Pace” è internazionale. Non è, come qualcuno erroneamente pensa, una “minaccia” rivolta ad un sistema sociale iniquo. E’ una constatazione che esprime la realtà dei fatti: una società basata su di un sistema ingiusto non può essere pacifica. Può tenere a lungo un’apparenza pacifica, può fingere che tutto proceda bene, ma al contrario dei dibattiti intellettuali non può tenere in eterno i nodi lontani dal pettine. E quando questi arrivano, più tempo ci hanno messo a formarsi, più doloroso sarà il contatto con essi.

La mobilitazione rabbiosa che stiamo osservando in questo periodo storico è sicuramente data dalla combinazione tempistica con la pandemia da Covid e le sue ricadute sociali nel nostro già ingiusto sistema economico, e ciò sottolinea ulteriormente tutta la pericolosa instabilità del nostro sistema politico capitalista, incapace di gestire umanamente e finanziariamente una tale situazione di emergenza.

Guardiamo ai fatti: le minoranze etniche negli stati uniti, pur contando numerose eccezioni, sono le fasce economicamente più deboli della società americana per antonomasia. La gestione economica, e quindi anche del potere politico, è appalto tendenzialmente di gruppi bianchi e cristiani, ma di determinati orientamenti e provenienze storiche. Non è un caso che “l’aristocrazia borghese” WASP (white anglo saxon protestant) storca il naso anche di fronte ad altri bianchi ma di religione Cattolica, come le minoranze Irlandese ed Italiana, le quali però sono maggiormente legate all’establishment politico ed economico statunitense per via di corsi storici troppo ampli da esplicare qui.

Resta il fatto che la disparità di trattamento sociale negli Stati Uniti parte da una mentalità razzista che, come ogni fattore di divisione sociale nella società contemporanea, ha una base economica, ovvero la possibilità di ottenere guadagni per pochi basandosi sullo sfruttamento di molti, con annessi privilegi e svantaggi, dalle tutele sociali alla sanità. Chiaramente un simile sistema si fonda sulla costruzione degli “scalini”: il soggetto sul penultimo scalino, senza rendersi conto di essere a sua volta sfruttato, farà di tutto per mantenere il suo posto a spese di chi è posizionato nell’ultimo scalino; chi poggia invece sul terzultimo scalino farà ogni cosa per non essere scalzato da colui che sta al penultimo, e così via fino alla cima della scala che non corre, tramite queste dinamiche di sopravvivenza spicciola, nessun rischio effettivo di perdere la propria posizione.

L’aumento della precarietà economica si percepisce ovunque nel mondo, anche nel nostro paese, e lo si vede qui sia dalle mobilitazioni dei lavoratori lanciate immediatamente dopo il lockdown e da quelle sorte a sostegno di “Black Lives Matter” che da quelle sparse di estrema destra, gilet arancioni, destra istituzionale “poltronara”. Non c’è alcuna Pace sociale che si respira di questi tempi, anzi, ci sono i cupi presentimenti per l’avvicinarsi di Settembre e per la strumentalizzazione del disagio sociale che le destre (sempre abili a sfruttare gli “scalini”) stanno preparando.

Si pensava nel recente passato che Lavoro, Produzione, Distribuzione dei Profitti, Classe, fossero termini desueti, quando in realtà, senza fronzoli ideologici, stanno cominciando a ricomparire in quanto uniche definizioni utili allo scopo di illustrare la realtà dei fatti che stiamo vivendo. Realtà che mostra un sistema non in grado di procedere senza crisi cicliche pesantissime.

Il processo globale, certamente confuso e pieno di derive spontanee, di rivolta a questo stato di cose è attualmente in corso, ma senza un obiettivo concreto ed universale. Al momento dobbiamo tenere presente che c’è, ed è un fatto significativo. Ma non si deve perdere la bussola: tutto ha un’origine economica.

E su quello si deve fissare la propria concentrazione, se si vuole che Pace e Giustizia vadano da soli e non più preceduti dal termine “Nessuna”.


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