New Financial Technology, ecco il primo storico crac italiano nel mondo complesso del mercato delle criptovalute, legandosi al Veneto: la startup, infatti, è nata a Silea, comune di 10mila abitanti in provincia di Treviso, anche se la sua sede legale è a Londra.
Nel Regno Unito se ne ha traccia dal 2014, avrebbe una struttura patrimoniale non solida oltre a non risultare tra le società autorizzate della Consob a svolgere il ruolo di operatore finanziario. Attualmente nel quadro societario figurano ai vertici 3 italiani, residenti in Italia, alla guida da un paio di anni. Secondo fonti di stampa, due su tre sarebbero irraggiungibili, a Dubai.
Alcuni giorni fa, New Financial Technology ha spiazzato un po’ tutti, soprattutto i suoi clienti. Ha infatti comunicato loro il blocco dei conti. La circostanza è stata giustificata da non meglio precisate “problematiche interne non previste”. Risultato: i clienti non possono più prelevare il proprio denaro.
Il tutto in barba a una fondamentale clausola contrattuale proposta dalla New Financial Technology al momento dell’accordo: “Soldi garantiti e al sicuro”. Ma non solo, dal momento che tra le promesse figurava anche un 10% di interesse mensile. Un affarone garantito da uno schema di algoritmi attraverso il quale avveniva la compravendita di criptovalute sulle molte piattaforme esistenti.
Il guadagno, in questo modo, era basato sulla differenza di prezzo e c’è da dire che – secondo alcune testimonianze – per alcuni mesi le cose sono andate in effetti così. Ma poi è arrivata la chiusura del rubinetto e tra le vittime pare ci siano perdite che vanno dai 10mila euro (investimento minimo per entrare) fino a somme più corpose di centinaia di migliaia di euro.
Il timore, ovviamente, è che tutti quei soldi possano essere andati persi, bruciati. Gli investitori infatti hanno davanti a sé circostanza che questo tipo di investimento è a rischio (non ci sono strumenti di protezione automatici) e una eventuale causa presenterebbe tempi molto lunghi.
Come ha riportato TG24 Sky, l’unico amministratore ancora reperibile ha promesso agli investitori di restituire il denaro in quattro mesi.
Movimento difesa del cittadino di Treviso si è espresso sulla vicenda New Financial Technology dopo aver ricevuto centinaia di segnalazioni e ha parlato di “Schema Ponzi“. Seguendo questo storico quanto attuale esempio la società potrebbe aver incassato le quote di adesione utilizzandole per versare gli interessi mensili del 10% di cui abbiamo detto in precedenza.
A un certo punto però l’ingranaggio deve essersi inceppato con il calo delle adesioni, la chiusura dei rubinetti e il molto possibile crac come spettro all’orizzonte degli investitori. Un orizzonte fatto molto probabilmente di denunce e richiesti di apertura indagine.