I consigli di lettura “illustrati” da Mauro Maruzzo: “Le parole perdute di Amelia Lynd”, l’autore Nicola Gardini è scrittore, pittore, poeta

434
Nicola Gardini: “Le parole perdute di Amelia Lynd
Nicola Gardini: “Le parole perdute di Amelia Lynd"

Nicola Gardini, scrittore, pittore, poeta, è l’autore del romanzo “Le parole perdute di Amelia Lynd”. Insegna Letteratura italiana all’Universita di Oxford.
Scrittore contemporaneo qualificato, con alle spalle importanti pubblicazioni, si dimostra in grado di offrirci molto di più di una piacevole lettura. Egli riesce non solo a rapirci con la sua scrittura di rara scorrevolezza, ma anche a farci riflettere su argomenti importanti, che non riguardano direttamente il racconto, come ad esempio alcune caratteristiche di noi italiani, popolo ancora immaturo, rispetto all’eredita’ lasciataci dai nostri Padri costituenti e a una democrazia, cui tendiamo senza tuttavia arrivarci mai davvero;
sulla giustificazione di un ateismo ponderato, volgendo lo sguardo verso tutte quelle ingiustizie, che l’esistenza del nostro Dio cattolico non dovrebbe permettere, portandoci a confidare piuttosto in quel dio interiore, che sta dentro ognuno di noi.

Il libro

Il romanzo è ambientato a Milano nei primi anni settanta.
Nel microcosmo di un palazzo alla periferia di questa grande città in continua, quanto
a quel tempo inarrestabile espansione, si  avvicendano le storie pregne di mediocrità e di ignoranza dei suoi inquilini.
Il tutto è filtrato dall’osservazione di Chino (il cui vero nome è Luca), che attraverso il candore della sua adolescenza, ci accompagna nello svolgersi di questa storia.
Il ragazzo vive con la sua famiglia nei due locali angusti della portineria , di cui Elvira, la madre, ha la responsabilità. A lei è assegnato l’ingrato compito di assecondare tutte le bizzarrie e l’arroganza di chi abita nel palazzo e che la considera, anche senza mascherarlo troppo, niente più che una serva.
Il padre di Chino è una figura marginale, che rispetta il cliché dell’operaio tipo di cinquant’anni fa, quasi completamente assorbito da una fede politica, che gli consente di trovare sempre una valida spiegazione, per quanto accade nella società in cui vive.

Dimentichiamo l’immagine romantica della Concierge parigina, dove il nostro immaginario troverebbe rifugio, per naufragare invece in qualcosa di molto più sbiadito e frustante.

Elvira ha un sogno nel cassetto (e chi di noi può esimersi dall’averne?), che consiste nel riuscire un giorno a comprare un piccolo appartamento nello stesso palazzo. Appartamento, dove rinchiudersi, lasciato il ruolo di portinaia, finalmente non più ancella, schiava di tanti padroni. La contemplazione di questo traguardo è accompagnata per Elvira da innumerevoli rinunce, estreme economie, lavori fuori orario e annientamento della propria indole in una donna, che il figlio ci descrive tuttavia, ancora giovane e bella.

Ma il tran-tran quotidiano, un giorno viene scosso fino alle sue fondamenta dall’arrivo di una nuova inquilina, la cui figura emblematica, come del resto è sempre tutto ciò che è poco comprensibile, ha la capacità non solo di incuriosire, ma altresì di allarmare l’intero condominio.
Chino, al contrario, subisce un fascino irresistibile verso l’anziana signora, che lo accoglie spesso nel suo appartamento e a poco a poco gli si svela, istillando in lui una nuova coscienza, che lo porta a maturare non solo la sua voglia di apprendimento, ma anche il disincanto verso ciò che è in realtà la vita.
Anche Elvira riuscirà a creare un rapporto di amicizia con questa persona dalle origini oscure, pur restando destabilizzata dalla trasformazione che, un po’ per volta, si sta generando nel figlio.

Arrivati a un certo punto del romanzo Amelia (questo è il nome dell’anziana signora) uscirà di scena, per essere sostituita dall’imprevedibile comparsa del figlio di lei, che rivela caratteristiche non meno affascinanti della madre, ma che solo Chino e Elvira saranno in grado di cogliere . Agli altri personaggi, che condividono la proprietà del palazzo, Gardini non concede alcuna sorta di redenzione e rimarranno confinati nel loro egoismo, nella loro diffidenza verso tutto ciò in cui non riescono a riflettere la loro immagine o peggio ancora, nella loro ripugnante ignavia.
E qui mi devo fermare per non togliere il piacere della lettura di questo libro. Dirò soltanto che le personalità di Chino e di Elvira avranno un’evoluzione che li cambierà notevolmente, consentendo  a entrambi di leggere con maggiore chiarezza dentro se stessi.
Infine, all’interno del suo romanzo Gardini regala degli scorci di rara poesia, nel descriverci i luoghi e le persone, che ho trovato talmente gradevoli da volerne condividere alcuni con voi:

[Scostai la tendina e guardai fuori dalla finestra. Il sole era diventato bianco. Non feriva più gli occhi. Stava fermo in mezzo al cielo, sopra la desolazione di via Icaro, come una moneta consumata. Le foglie si erano accartocciate sul cemento del cortile; spinte dal vento, correvano di qua e di la, si fermavano, riprendevano la corsa, quasi avessero zampe per muoversi e una testa per pensare. I rami dei platani erano ridotti a pochi monconi nudi. Solo le siepi di spine erano sempre le stesse e si mantenevano rosse come durante l’estate, creando contro l’impallidimento dell’aria e degli oggetti un effetto di sangue] [I finissimi capelli grigi erano pettinati all’indietro, incollati alla testa e lasciavano scoperte le guance ossute e due piccole orecchie, prive di gioielli. La forma della testa mi portò alla memoria il ritratto di Nefertiti, che avevo visto nel mio libro di storia] [e mentre io annotavo sul mio quadernino tutto quel che si potesse annotare, tutta la vita che non avevo vissuto e che lei mi stava donando attraverso le sue parole].

“Le parole perdute di Amelia Lynd” di Nicola Gardini è edito da Narratori/Feltrinelli.
Buona lettura

Segue, qui I consigli di lettura “incisi” da Mauro Maruzzo

Articolo precedenteTi piace “streemmare”? Su LaPiù.Tv h24 approfondimenti e intrattenimento: talk show, rubriche sul lavoro, volley rosa di A1, cura degli animali…
Articolo successivoPanchina Vicenza, altri nomi caldi: Brotto e Campagnolo, che esce allo scoperto
Mauro Maruzzo
Sono nato a Vicenza il 20 aprile 1957, dove vivo attualmente con la mia compagna. Perito industriale, ho frequentato per un breve periodo la facoltà di ingegneria a Padova, staccandomi presto da essa per motivi famigliari. Non ho mai potuto iscrivermi ne’ a un liceo artistico, ne’ a un’Accademia, perché mio padre, pur essendo un raffinato incisore, non ha mai voluto; egli sosteneva che “con l’arte si muore di fame! “. In seguito dovette ricredersi, ma ormai il mio percorso scolastico era terminato. Ho frequentato tuttavia La Soffitta di Otello De Maria per dieci anni e mi è stato utilissimo! Dal 1979 al 1989 sono stato impiegato di concetto all’ufficio Acquisti della Legatoria Olivotto. Dal 1989 al 2003 : titolare di una bottega orafa con nove dipendenti. Dal 2003 al 2009 : titolare di una ditta commerciale che lavorava con la Germania e al tempo stesso agente di commercio per delle aziende meccaniche italiane. Dal 2009 a novembre del 2019 ho lavorato come agente di commercio, prima per Publiepolis (meno di un anno)a Verona) e poi per Publiadige a Vicenza, dove dal 2016 al 2018 ho coordinato la vendita di pubblicità per il settimanale Bis de Il Giornale di Vicenza. Piccolo inciso: Per un anno, nel 2015, ho lavorato per la Elmo & Montegrappa di Bassano come incisore.